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Il cuore della scuola è ben altro, è la dialettica vissuta della vita di classe

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Anche se in pensione, sono ritornato a scuola, per questi esami di maturità, da presidente di commissione.

È stato bello, lo confesso, ritornare tra i ragazzi e le ragazze, cioè tra gli adolescenti di oggi.

Un’emozione che non si dimentica facilmente, anche perché la vita mi ha insegnato che, se questi giovani li consideriamo con i loro dubbi ma anche con i loro valori, poi dimostrano di essere migliori di come di solito vengono dipinti. Basta prenderli sul serio, e trattarli da grandi. Secondo una comune libertà che non può non convertirsi in comune responsabilità.

Prima della prova di italiano, ieri mattina, con alcuni di loro ho scambiato qualche impressione su questi due anni e mezzo, sul valore e sul limite della DaD, sulla difficoltà di tornare alla relazione aperta con i compagni di classe, sulla voglia di vita vera, oltre le mascherine simboliche e reali.

È stato ad esempio significativo riflettere con loro sul fatto che la parola “maschera“ nei classici rimanda proprio al concetto di persona. Per cui, ricostruire le relazioni di vita vissuta non è un dato immediato, non è una ovvietà, mi è venuto da dire, ma lo si fa vivendo e crescendo assieme. La vita, cioè, si fa vivendo. Anche oltre gli schemi e gli schermi, reali o virtuali, de visu o attraverso i cellulari e le varie piattaforme.

Così, ho concluso, anche queste esperienze sono complicate, perché rimettono in discussione alcune certezze, poi aiutano, possono cioè aiutare a capire un po’ il senso della vita, se diventano motivo di pensiero comune, aiutano dunque a crescere, anche rivedendo alcune convinzioni, alcuni luoghi comuni, nei pensieri e negli atteggiamenti.

Ho, infine, prima del compito di italiano, con Pascoli, Verga e i vari spunti offerti, augurato a loro di andare sempre, con coscienza, oltre gli schemi. Pensando al futuro, ai sogni nel cassetto, ai pensieri lunghi, sapendo che un po’, tanto o poco, non lo possiamo sapere, dipende da loro. Anzitutto dalla capacità di pensiero e di lettura della realtà e della storia che ci portiamo dentro.

Per questa ragione è fondamentale che la pratica della formazione  a tutto tondo debba diventare una sorta di costante nella loro vita, non solo sugli aspetti del loro futuro professionale, con le tante specializzazioni, ma anzitutto come domanda di senso sul loro vivere. Che non è semplicemente sopravvivere.

Ebbene, questo cuore culturale a tutto tondo che ho rivisto negli occhi di questi giovani fanno fatica ad emergere da una scuola che oggi, invece, sembra sempre più rannicchiata su se stessa. Con una logica burocratica e prescrittiva che forse si è dimenticata delle finalità essenziali dell’atto di istruzione, scambiando i mezzi con i fini.

Basta avere seguito, da presidenti delle commissioni, una delle troppe conferenze di servizio per farsene un’idea. Con analisi dell’ordinanza ministeriale su questi esami che, senza rendersene conto, hanno posto in secondo piano il quadro valoriale che è insito invece in questo “rito di passaggio”, tanto da seminare nuove ansie nei poveri presidenti designati, soprattutto quelli di nuova nomina, invece di invitare all’essenziale dei ruoli, delle responsabilità, e delle regole comuni.

In un mondo ingessato, come quello italiano, che ancora l’altro giorno, al Senato, ha rigettato, per l’ennesima volta, l’idea di una progressività di carriera dei docenti, in nome di un egualitarismo che esiste solo sulla carta, si comprende come il nascondersi dietro al rispetto ansioso delle prescrizioni sia una sorta di rifugio che mette in castigo, invece, sia la competenza come la responsabilità.

Ma il cuore della scuola, è sempre bene ribadirlo, è altro.

È il cuore che pulsa, è l’emozione del domandare ragione, è lo scoprire amicizie e cose nuove, è aprire la mente assieme ai propri compagni. Con l’aiuto insostituibile dei docenti in gamba.

Prima delle aule che devono essere accoglienti, degli ambienti salubri, delle tecnologie possibili. Tutte necessarie ma non sufficienti per quel domandare sempre oltre che è l’arte di meravigliarsi delle meraviglie della vita.

Il cuore della scuola è cioè la dialettica vissuta della vita di classe e di scuola. È imparare assieme.

Forse è bene ogni tanto ricordarselo.