È quanto emerge da una ricerca sul bullismo anche sessuale su internet condotta dalla cooperativa onlus Pepita che ha lanciato la campagna educativa «Io clicco positivo». L’indagine, condotta con interviste dirette a scuola, in oratori e discoteche, a circa 2.000 minorenni, è stata presentata al Circolo della Stampa di Milano.
E si è parlato di tanti fatti di cronaca: giovanissimi accusati di essere gay o ragazzine fatte passare per prostitute e che talvolta non reggono più e decidono di farla finita; pestaggi violenti ripresi e messi in Rete, messaggi e filmati personali finiti on-line con conseguenze gravi per chi ne è inconsapevole protagonista. Di solito si colpisce la vittima con la diffusione di foto e immagini denigratorie o tramite la creazione di gruppi contro.
L’85% degli interpellati ha ammesso di aver mentito o di mentire su internet riguardo alla propria età; il 98% dispone di un cellulare che si collega alla Rete e il 95% di questi si collega con WhatsApp.
Il 70%, altro dato preoccupante, naviga senza alcun controllo dei genitori e il 10% ha assistito a episodi di cyber-bullismo o si è sentito un cyber-bullo.
E ancora: solo il 10% di chi è stato vittima di cyber-bullismo ha avuto il coraggio di parlarne con qualcuno e il 70% dei ragazzi che hanno un profilo Facebook ignora che tutto il materiale pubblicato diventa di proprietà del social-network e che anche cancellando foto, video o post il tutto rimane comunque on line.
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