Categorie: Politica scolastica

Il DdL scuola è il Jobs Act della scuola pubblica

C’è chi sostiene, come ad esempio i renziani doc, da quelli più famosi, come Francesca Puglisi, Simona Malpezzi o Davide Faraone, a quelli sconosciuti come il Ds con tessera Pd o alla sua fedelissima vicaria, che il ddl scuola è un grande investimento economico sulla scuola pubblica, ricco di autonomia e di organico funzionale.

C’è anche chi, come me e tantissimi insegnanti che hanno ben letto questo DdL, che sostengono che questo DdL è una grande fregatura per tutta la scuola pubblica italiana. Altro che scuola dell’autonomia, questo DdL è il “Jobs Act della scuola pubblica”. Questa mia certezza, che più volte ho manifestato in dibattiti pubblici, è adesso condivisa all’interno del Senato della Repubblica, da chi sta decidendo del futuro della nostra scuola pubblica.

Infatti dalla pagina facebook del senatore Corradino Mineo (PD) emerge con chiarezza che questa riforma è in buona sostanza il Jobs Act della scuola. Ma cosa viene riportato nella pagina Facebook dell’ex conduttore del TG3? Viene scritto che la riforma Renzi-Giannini porta il jobs act nella scuola. Gli insegnanti perderanno la titolarità della cattedra e l’autonomia della funzione docente per finire nel calderone delle chiamate dirette (con ampia discrezionalità del preside), degli incarichi triennali, della pendolarità tra posto comune e organico funzionale.

L’autonomia è una foglia di fico che nasconde il vuoto di idee innovative. Sulla formazione, sul ruolo del servizio pubblico, sulla dignità dell’insegnante. Il dirigente scolastico diventa un funzionario governativo, in parte capo del personale, in parte gestore del rapporto tra scuola e impresa, tra scuola ed enti locali. La legge prova a sostituire il contratto nazionale con premi concessi al personale docente in ragione dell’accettazione, più o meno entusiasta. del nuovo ordine scolastico. Lungi dall’invertire la deriva classista, la legge ripropone un sistema duale: tra scuole dei quartieri meglio abitati e scuole di periferia, senza alcuno sforzo di perequazione.

Lo sforzo emendativo deve dunque mirare a separare le assunzioni promesse, che vanno espletate subito, dal ripensamento degli obiettivi e dei metodi della riforma. In secondo luogo va difesa la funzione docente e la libertà dell’insegnamento, vanno rilanciate le battaglie per il diritto allo studio e la legge di parità, va ripensata l’alternanza scuola lavoro, togliendole il sapore di un ritorno antistorico al vecchio avviamento professionale. Infine ma non ultimo, un emendamento alla legge ricorderà il rilievo costituzionale che la scuola pubblica ha e deve avere. Cornice indispensabile per non procedere a un riformismo cieco che finirebbe per destrutturare senza costruire.

Mi preme fare i complimenti a Corradino Mineo per l’analisi lucida e per avere, con onestà intellettuale, messo in risalto una verità incontestabile che fa comprendere la pericolosità di questa riforma.

Lucio Ficara

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