
Su Educationeduepuntozero, Sebastana Fisicaro, già dirigente tecnico, formatrice per Invalsi e Indire, nonché coordinatrice “Rete SOPHIA 3.0”, redige un interessate articolo sul declino delle scuole del sud e in modo particolare della Sicilia, iniziando proprio dalla dispersione scolastica, che da altre parti abbiamo sentito, sbagliando, essere in calo.
Infatti, viene citato il Rapporto Censis 2024, che fissa la dispersione in Sicilia oltre il 25%, contro un tasso nazionale del 10,5% e che riguarda sia le periferie cittadine e sia le scuole di provincia, dovuto alle condizioni economiche difficili, nella indifferenza istituzionale, e da un tessuto sociale impoverito non solo economicamente, ma anche culturalmente.
Inoltre, secondo Fisicaro, e noi siamo assolutamente d’accordo con lei, anche perché ne abbiamo scritto, carenti sono pure le infrastrutture scolastiche siciliane, di cui il 45% necessita di manutenzione straordinari: pareti scrostate, palestre inutilizzabili, mense assenti, mentre otre il 30% delle aule non è adeguatamente riscaldato e il 40% degli edifici non è dotato di sistemi di sicurezza.
Una crisi strutturale che, come quegli esempi deteriori che solo l’assenza dello Stato riesce a dare, al termine della scuola primaria, consente al 24,5% degli studenti siciliani di non raggiunge i livelli minimi di apprendimento in italiano, percentuale che cresce alle superiori, con picchi dell’80% negli istituti professionali.
“Secondo l’INVALSI 2024, oltre il 50% degli studenti del Sud ottiene risultati inferiori alla media nazionale nelle prove di comprensione del testo e risoluzione di problemi matematici, evidenziando un divario formativo significativo”.
Fra le cause, l’abbandono in cui vengono lasciati gli insegnanti ad affrontano classi difficili senza strumenti adeguati mentre “servono investimenti concreti, sostegno ain prof, attenzione alla formazione e al benessere degli studenti”.
In ogni caso, considerata la promozione di alcuni esempio virtuosi, capaci di contrastare il declino e rilanciare il territorio attraverso un’istruzione di qualità, occorrerebbe che le istituzioni smettano di distogliere lo sguardo dalla scuola, incentivando le “Scuole Aperte”, che aprano oltre l’orario scolastico per attività extracurriculari, tutoraggi e supporto educativo; o anche progetti come “Scuola Viva” in Campania, con attività educative e ricreative pomeridiane per studenti a rischio di abbandono; o in Puglia, tramite iniziative in collaborazione con enti locali, che hanno permesso di garantire spazi di apprendimento anche nei mesi estivi.
Concludendo, l’esperta sostiene che per sconfiggere la dispersione scolastica occorre, non solo un adeguato sostegno economico e il coinvolgimento della comunità locale, ma soprattutto la necessità di “un monitoraggio sistematico e di una valutazione dei risultati ottenuti coi progetti per garantire l’efficacia di tali interventi nel lungo periodo”
E su questo punto la falla è abbastanza grave, perché, di tutti i progetti, regolarmente ben finanziati per contrastare la dispersione, non si conoscono i risultati, “impedendo così una vera comprensione dell’impatto e la possibilità di miglioramenti mirati”, e dunque la “mancanza di un reale collegamento tra le iniziative proposte e i loro esiti concreti”.
Inoltre, “troppo spesso, il personale scolastico si trova a svolgere molteplici funzioni senza un adeguato riconoscimento delle competenze acquisite, che contribuisce a un sistema che fatica a garantire qualità e stabilità”.