Con l’entrata in vigore del cosiddetto “decreto Brunetta” (il n.150 del 2009) in molte scuole accade di tutto e di più anche perchè non sempre i dirigenti scolastici interpretano e applicano le norme con il buon senso e l’equilibrio necessari.
Senza considerare che giungono anche alla nostra redazione segnalazioni di comportamenti che talora sfiorano il limite del consentito o lo oltrepassano decisamente.
Per esempio abbiamo ci arrivano notizie di “rimproveri” verbali dal dirigente scolastico all’insegnante, di fronte all’intera classe o ad un gruppo di alunni.
E’ pacifico che al dirigente non è consentito rimproverare il docente davanti ai suoi alunni. Anche se il rimprovero avesse un fondamento di ragionevolezza, il dirigente non può delegittimare la figura del docente in presenza di alunni, ma può ammonirlo senza offenderlo, nel chiuso del proprio ufficio.
Su questo viene in soccorso anche una sentenza della Corte di Cassazione (la n. 2927/2009) che così recita: “Le espressioni del d.s. rivolte al docente che ledono il suo onore e decoro, mettendone in dubbio la capacità e competenza deontologica di fronte a un’intera classe di alunni, non sono consentite, mentre è consentita una legittima critica, con espressioni non offensive in sé, da esporre nelle sedi a ciò deputate come ad esempio un consiglio di classe”. In buona sostanza, con tale sentenza la Cassazione condannava un dirigente scolastico che irrompeva in una classe, richiamato dalle grida e urla degli studenti, e che si era rivolto al docente presente in aula, che non aveva il controllo disciplinare dei suoi alunni, dicendogli: “Lei è un incapace, lei è un incompetente”.
Insomma non si può rimproverare il professore, mettendolo alla berlina davanti alla classe.
Nel caso specifico bisogna anche aggiungere che esiste una norma sulle visite personali di controllo (l’art. 6 della legge 300/70 mai abrogata), che chiarisce che tali “irruzioni” sono vietate, o che, al limite, possono essere effettuate soltanto all’uscita dei luoghi di lavoro, in modo tale che siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore; e sempre che avvengano con l’applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori.
Il “decreto Brunetta” introduce nuove regole finalizzate a migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione (va peraltro rilevato che da più parti sono state sollevati fin da subito forti dubbi sulla effettiva “bontà” delle norme in esso contenute) ma non esime nessun pubblico funzionario dall’adeguare il proprio comportamento alle regole del buon senso, dell’imparzialità e, perché no, della buona educazione. A maggior ragione nella scuola che dovrebbe essere, appunto, la comunità educativa per antonomasia.