Il Governo sta emanando una serie di misure con l’intento di arginare il fenomeno della violenza giovanile.
Al netto di tante considerazioni che i provvedimenti suscitano, uno di questi ha generato una preoccupazione tra gli homeschooler.
Le anticipazioni e le notizie diffuse in campo mediatico hanno riportato l’affermazione del Ministro della Giustizia Nordio, che avrebbe sottolineato la modifica normativa introdotta dal Decreto: i genitori che non mandano i figli a scuola sarebbero passibili di condanna di detenzione fino a due anni.
Come sempre, è necessario esaminare il testo del provvedimento per coglierne gli aspetti caratterizzanti di primo e secondo piano.
In questo caso specifico, comunque, l’esposizione del Ministro Nordio, in sede di conferenza stampa, non è stata riportata in maniera completa in quanto la sua descrizione si è riferita ad un quadro più ampio.
Infatti il suo discorso si è rivolto a genitori che “non li fanno andare a scuola (i figli n.d.r) o li ritirano anzitempo” o si trovano in una condizione di “dispersione assoluta”.
Senza entrare nel merito, si segnala che riguardo ai genitori, o chi ne fa le veci, che conducono l’istruzione parentale non vi è coinvolgimento nella dinamica inquisitoria ed eventualmente coercitiva prospettata dal ministro Nordio.
In Italia il dovere/diritto genitoriale è quello di istruire ed educare i figli (art. 30 Costituzione).
Queste funzioni possono essere svolte o mandandoli a scuola o praticando l’istruzione parentale.
Le autorità giungono eventualmente alla conclusione che vi sia dispersione assoluta quando verificano che, per i giovani in obbligo di istruzione, non vi sia nè la comunicazione di istruzione parentale né, in alternativa, l’iscrizione e la relativa frequenza ad una scuola statale o paritaria, oppure quando vi siano evidenze accertate che sostanziano la privazione del diritto all’istruzione.
Il concetto del ritiro anzitempo richiamato dal Ministro senza ulteriori elementi, non è trattabile ora perché non sufficientemente sviluppato.
L’art. 731 del Codice Penale così si esprime:
“Chiunque rivestito di autorità o di incarico della vigilanza (genitori, tutore, affidatari del minore per ragioni di educazione, di cura, per l’esercizio di una professione o di un’arte ecc.) sopra un minore, omette, senza giusto motivo, di impartirgli o di fargli impartire l’istruzione elementare è punito con l’ammenda fino a 30 euro”.
In luogo dei 30 euro, il Decreto introdurrebbe la pena di due anni di detenzione.
Il Decreto nel suo insieme avrebbe come orizzonte quello di sanzionare i giovani e di porre sul tavolo conseguenze “non platoniche” per i genitori inadempienti.
La scelta dell’istruzione parentale è quella che vede i genitori massimamente impegnati per l’istruzione e l’educazione dei figli.
In questa opzione educativa e di apprendimento/istruzione, si segnala infatti la relativizzazione del concetto di delega, a favore di una presa in carico diretta, dei genitori, in misura caratterizzante.
D.M. n. 5 dell’8/2/2021
“Istruzione parentale: l’attività di istruzione svolta direttamente dai genitori ovvero dagli esercenti la responsabilità genitoriale o da persona a ciò delegata dagli stessi.”
Può essere utile richiamare il livello burocratico, ovvero che la scelta dell’istruzione parentale va comunicata alla scuola competente per territorio di residenza e non comporta l’iscrizione alla medesima (D.Lgs. 62/2017, art. 23), non si configura quindi come una richiesta, bensì come la presa d’atto, da parte della scuola, della determinazione dei genitori (nota ministeriale n. 33071 del 30/11/2022). La scuola medesima curerà il corretto inserimento del/la giovane nell’anagrafe nazionale degli studenti (nota ministeriale n. 33071 del 30/11/2022).
Accennando ad una considerazione di carattere generale, si può dire (pur dicendo una banalità) che il tema posto nel Decreto è molto complesso e che il suo svolgimento nell’arena pubblica rappresenta di per sé un problema, perché nessuno di noi può chiamarsi fuori dal gioco e tanto meno potrebbe gettare su altri soggetti le proprie responsabilità.
Tutto questo è più facile da dire che da fare, quindi chi ha maggior potere di decidere e di determinare certe dinamiche dovrebbe avere una visione ampia da un punto di vista alto.
Il punto di vista della politica dovrebbe essere già posto:
Art. 31 Costituzione:
“La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.
Ciò che sembra debole è la traduzione nei fatti, nella realtà delle famiglie, nelle cifre dei loro bilanci.
Inoltre, la cronaca ci porta a concentrare l’attenzione sull’episodio di Caivano, dove la cornice è di un certo tipo, ma non dovremmo abbandonare nel dimenticatoio episodi con aspetti analoghi e con finalità analoghe, che hanno interessato ed interessano figli di illustri che non calcano l’asfalto delle periferie.
Sergio Leali
Presidente LAIF – L’Associazione Istruzione famigliare