Gli stipendi degli insegnanti e del personale scolastico rimarranno fermi per altri 3 anni. Il dato si evince da una attenta lettura di alcuni capitoli del Documento di Economia e Finanza 2014 approvato l’altro ieri dal CdM: “Nel quadro a legislazione vigente – si legge nel DEF – la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell’attribuzione dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020”.
Considerando che nel comparto scuola il contratto è stato bloccato nel 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013), le buste paga di circa un milione di lavoratori sono destinate a rimanere ferme per 8 atti consecutivi. Un record che porterà docenti e personale Ata a perdere quasi 16 mila euro lordi di mancati aumenti a dipendente: tra il 2006 e il 2012 l’inflazione è salita del 12% rispetto agli aumenti contrattuali fermi all’8% per uno stipendio medio annuale lordo di 30 mila euro. Quindi, anche qualora rimanesse ferma l’inflazione per i prossimi anni, stiamo parlando della sparizione di uno stipendio annuale.
Inoltre, sempre dal DEF risulta che sulla formazione a tutti i livelli – scolastica, universitaria e di ricerca – si continua a disinvestire. Si tratta di una tendenza aggravata dal fatto che nello stesso periodo la spesa generale è continuata a salire: i ‘consumi intermedi’, le spese per il funzionamento ordinario di istituti scolastici, atenei ed enti di ricerca, sono passate dagli 1,11 miliardi del 2011 ai 0,95 del 2013. Peccato che nello stesso frangente temporale la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi. Al Ministero dell’Economia è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 miliardi.
Premesso che si tratta di una scelta grave e irresponsabile, che continua a vessare quei docenti e operatori a cui è affidata la formazione di nostri bambini e ragazzi, l’Anief ricorda che stiamo assistendo ad uno sgonfiamento delle buste paga partito dall’approvazione del D.lgs. ‘brunettiano’ 150/09, che ha di fatto annullato la futura progressione di carriera per scatti di anzianità per fare spazio a quel merito che condivide in pieno l’attuale Ministro Giannini, ma che può essere finanziato solamente con nuovi tagli allo stesso comparto Scuola.
Gli ultimi governi hanno fatto il resto. Basta ricordare che lo scorso anno, l’esecutivo guidato dal premier Enrico Letta ha approvato la proroga del blocco dei contratti fino al 31 dicembre 2014 con il D.P.R. 122, pubblicato in G.U. il 25 ottobre 2013. Un provvedimento che ha allungato il blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, già introdotto con l’art. 9, comma 21 del D.L. 78/2010. Come se non bastasse, lo stesso Governo ha introdotto nella Legge di Stabilità 2014, la 147/13, il comma 452 all’articolo 1, in base al quale l’indennità di vacanza contrattuale sarà “sospesa” sino al 2017. Considerando che la Legge si riferisce al comma 17 dell’art. 9 della Legge 122/2010, i valori stipendiali del personale della scuola rimangono di fatto fermi addirittura al 2009.
“Con questo Documento di Economia e Finanza – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – si va sempre più verso la proletarizzazione del lavoro del personale della scuola. Altro che valorizzazione di competenze: a dispetto di quanto avviene nel settore privato, lo stipendio di chi opera nella scuola si allontana sempre più dal costo della vita, con la perpetrata negazione di diversi articoli della Costituzione. E pensare che solo qualche giorno fa avevamo fatto notare che nella media dei Paesi Ocde a fine carriera i docenti delle superiori percepiscano 8 mila euro in più l’anno. E non certo una ‘mancia’ di 80 euro, rispetto ai 120 euro lordi che i vari Governi avrebbero dovuto versare per questo decennio”.