Il ministro Marco Bussetti ha manifestato la sua idea di scuola: ”Quella del docente la considero non una professione ma una missione; i genitori oggi svolgono un ruolo non facile e la scuola è l’unica vera agenzia educativa”.
Dall’analisi della proposizione emergono:
L’errata scelta di campo: la scuola è collocata nella sfera etica. I docenti missionari, che possiedono la verità, operano per svelare i misteri della realtà: gli studenti devono adeguarvisi.
Una pericolosa proposta valoriale: gli studenti devono rispondere alle sollecitazioni didattiche obbedendo; il pensare non è da considerare una facoltà rilevante.
L’indeterminatezza della mission della scuola: la negazione della professionalità dei docenti deriva dall’evidente e indubbia cecità rispetto alla finalità del sistema scolastico.
L’assenza di una visione strategica
1. Le competenze, che le scuole certificano, implicano la “programmazione dell’azione educativa” i cui fondamenti sono la collegialità, la progettualità, il feed-back. L’attività docente è corale.
2. La difficoltà del ruolo dei genitori consegue all’assenza della cultura organizzativa che vizia la gestione delle scuole. La partecipazione delle famiglie alla vita scolastica è impedita sia dall’elusione della legge in materia di struttura decisionale, sia dall’occultamento delle comunicazioni che intercorrono tra gli organismi collegiali.
Una confusione concettuale: il significato che il ministro attribuisce a “educazione” contrasta con quello che il legislatore ha espresso. Educare è da intendere in senso socratico: far emergere, tirar fuori dagli studenti le capacità necessarie per interagire con il sociale, capacità sottese alle competenze generali che i PTOF devono elencare.
Enrico Maranzana
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