Spiace dirlo ma per gli insegnanti della scuola italiana sembra non esserci pace. Sembra di assistere a una vessazione continua, che ha preso di mira maestri, maestre , professori e professoresse della sgangherata scuola pubblica italiana.
Tra i dogmi assoluti del “ non ci sono i soldi” e del “ce lo chiede l’Europa”, il destino degli insegnanti sembra inesorabilmente segnato. Purtroppo è così!
Dobbiamo assistere anche ad una pantomima che sa tanto di presa in giro nei confronti di un’intera categoria.
Stiamo parlando del dietrofront del Governo Renzi, avvenuto in queste ore e riguardante la questione dei “quota 96”.
Prima il Parlamento vota un emendamento per mandare in quiescenza 4 mila insegnanti rimasti bloccati in servizio dal 2012, a causa della riforma Fornero e poi, in seguito alle osservazioni fatte dalla Ragioneria dello Stato, fondate sulla mancanza di adeguate coperture volte a garantire il giusto provvedimento, ecco arrivare la doccia fredda del contro emendamento che revoca la possibilità, almeno per adesso, di mandare in pensione i quota 96.
Una vera e propria beffa che la dice lunga sullo stato delle cose per quanto riguarda il bene della scuola pubblica italiana e dei docenti che vi insegnano.
Ma se non ci sono i soldi per porre rimedio ad una ingiustizia come quella subita, obtorto collo, dagli insegnanti che entro il 31 agosto 2012 avevano raggiunto la quota 96 per la pensione, come sarà possibile trovarli per attuare l’organico funzionale? Come sarà possibile trovare risorse per rinnovare anche sul piano economico il contratto della scuola?
E ancora, dove si potranno reperire le finanze per un corposo piano di nuove immissioni in ruolo?
Tutti questi soldi dovrebbero essere trovati alla vigilia del varo della legge di stabilità 2015 e da un possibile, quanto eventuale, “fiscal compact” (si tratta dell’ accordo approvato con un trattato tra 25 stati membri dell’Unione europea, che prevede l’esborso per l’Italia di 50 miliardi di euro l’anno al fine di dimezzare nell’arco di 20 anni il debito pubblico).
Ma poi c’è sempre il solito ritornello del “ce lo chiede l’Europa?” E cioè ? Un anno in meno di scuole secondarie di secondo grado, la diversificazione giuridica ed economica degli insegnanti, l’introduzone di fatto un sistema di valutazione volto a creare un preciso e diversificato stato giuridico del docente. Diversificazione che segnerà anche un diverso impegno dell’orario settimanale di servizio degli insegnanti che, a sentire le dichiarazioni del sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi, potranno arrivare fino ad un massimo di 36 ore settimanali.
Quindi i motivi per cui gli insegnanti hanno il destino segnato sono riassumibili nei dogmi assoluti del “non ci sono soldi” e del “ce lo chiede l’Europa”. Alla fine dei conti gli insegnanti sono vittime predestinati di questi perfidi dogmi, e come direbbe magistralmente il principe della risata Totò: “ed io pago…”.
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