Attualità

Il dialetto veneto diventi una materia di studio a scuola. La proposta della Lega, che include la formazione docenti

In queste ore circola la notizia della proposta di legge in casa Lega (primo firmatario il salviniano Massimo Bitonci) per inserire il veneto tra le lingue delle minoranze tutelate dall’articolo 6 della Costituzione, al pari delle lingue albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano, il sardo; e per modificare quindi la legge 482 del ’99 che tutela le minoranze linguistiche.

È giunto il momento non solo di integrare il provvedimento alla luce dell’esperienza acquisita, ma di dare facoltà anche alla Regione Veneto di approvare proprie norme specifiche in materia di insegnamento della lingua, dando così piena applicazione al dettato costituzionale e alla normativa europea, si legge nella proposta di legge. E ancora: La tutela e la promozione delle lingue minoritarie rappresentano un contributo per una positiva politica di multilinguismo che può migliorare le opportunità dei cittadini: possono aumentare l’occupazione, facilitare l’accesso a servizi e diritti e accrescere la solidarietà grazie a un maggior dialogo interculturale e a una migliore coesione sociale.

Una lingua, quella veneta, che ancora oggi sarebbe parlata dal 69,9 per cento degli abitanti del Veneto, con particolare riferimento ai contesti relazionali familiari, ma anche tra le classi dirigenti, stando a quanto viene riferito sulla proposta di legge.

Cosa si chiede?

Quanto viene chiesto è l’inserimento della lingua veneta tra le lingue minoritarie previste dall’articolo 2 della legge n. 482 del 1999; e l’obbligatorietà dell’insegnamento delle lingue minoritarie nel rispettivo territorio regionale.

La regione, d’intesa con il Ministro dell’istruzione, con proprio provvedimento indicherebbe, per il territorio di propria competenza, i criteri generali per l’attuazione delle misure contenute nell’articolo 4 della Legge 482/99, il quale stabilisce quanto segue:

Nelle scuole materne dei comuni di cui all’articolo 3, l’educazione linguistica prevede, accanto all’uso della lingua italiana, anche l’uso della lingua della minoranza per lo svolgimento delle attività educative. Nelle scuole elementari e nelle scuole secondarie di primo grado è previsto l’uso anche della lingua della minoranza come strumento di insegnamento.

Inoltre le scuole primarie e secondarie di primo grado, nei limiti dell’orario curriculare complessivo definito a livello nazionale e nel rispetto dei complessivi obblighi di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi, al fine di assicurare l’apprendimento della lingua della minoranza, deliberano, anche sulla base delle richieste dei genitori degli alunni, le modalità di svolgimento delle attività di insegnamento della lingua e delle tradizioni culturali delle comunità locali, stabilendone i tempi e le metodologie, nonché stabilendo i criteri di valutazione degli alunni e le modalità di impiego di docenti qualificati.

Infine sempre la Legge 482, che si intende integrare con lo studio della lingua veneta, prevede che le istituzioni scolastiche provvedano alle attività di formazione e aggiornamento degli insegnanti addetti alle medesime discipline.

Iter parlamentare

La proposta, presentata il 13 ottobre, è stata assegnata alla I Commissione Affari Costituzionali. Per andare avanti, bisognerà acquisire il Parere delle Commissioni III Affari Esteri, V Bilancio e Tesoro, VII Cultura e IX Trasporti.

Il parere di Mario Rusconi

Ma il dialetto, in linea generale, potrebbe diventare una materia? Sul tema Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale presidi di Roma, dichiara: “Diversi anni fa durante un Governo Berlusconi era stata fatta la proposta di inserire nel curricolo degli studenti una quota oraria relativa alla storia e alla cultura della regione delle singole scuole, la cosa poi non è passata. Circa l’introduzione del dialetto non vedo un ostacolo se esso viene considerato una disciplina integrativa in aggiunta all’orario scolastico per chi voglia seguirlo, in quanto già l’orario dei nostri studenti è estremamente fitto e non è possibile sacrificare materie fondamentali come l’Italiano e l’Inglese per dare spazio al dialetto. Questo può essere insegnato ma a mio parere come attività integrativa”.

Carla Virzì

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