Cosa sta succedendo nel dibattito sulla valutazione? A chi continua a spingere forsennatamente per l’abolizione dei voti, come se valutazione descrittiva e formativa da una parte e voti dall’altra fossero un’alternativa inconciliabile, abbiamo chiesto:
1) Conosce le posizioni di ANP sull’abolizione del valore legale del titolo di studio? E cosa ne pensa? Non crede che le due questioni – abolizione dei voti e abolizione del valore legale del titolo di studio – siano legate tra loro?
2) Ammesso che si vogliano conservare i voti finali, in modo che il titolo di studio possa continuare ad avere un valore legale, perché per uno studente avere la chiarezza di un voto solo a fine percorso dovrebbe essere più formativo e meno traumatico di avere dei voti anche in itinere, che gli dicano chiaramente se la direzione in cui sta lavorando va bene oppure no? Ovviamente qualunque voto deve essere SEMPRE accompagnato da una spiegazione ed essere attribuito non matematicamente ma con tatto pedagogico e con uno scopo, con la consapevolezza che si tratta sempre di un’approssimazione;
3) Ci si rende conto della difficoltà a passare da una serie di descrizioni a un voto a fine percorso, senza averne mai dati prima? Dei contenziosi che si aprirebbero? È chiaro a chiunque voglia vederlo che questa strada porta all’abolizione di tutti i voti, e verso quella del valore legale del titolo di studio;
4) Se lei [ci rivolgiamo idealmente a qualcuno dei sostenitori dell’abolizione del voto] fosse uno studente, non preferirebbe saperlo prima, anziché alla fine, che il suo lavoro verrà valutato, diciamo, cinque? E se lei dovesse ripetere l’anno perché ha preso dei quattro a fine percorso non chiederebbe a chi la sta valutando “perché non me l’avete detto prima, con chiarezza, che la direzione era questa, che quello che stavo facendo, per qualunque motivo, non era sufficiente alla prosecuzione degli studi?”;
5) Noi insegnanti la valutazione formativa la facciamo già tutti i giorni. Allora perché tanta smania di intervenire sul nostro lavoro? Qual è lo scopo?
Le risposte sono arrivate dal “Coordinamento per la valutazione educativa”. Attenzione, non le risposte alle nostre domande, ma a domande piuttosto addomesticate. Eccole qui:
«Rispondiamo a tre quesiti che ci sono stati posti.
Domanda 1) Non c’è il rischio che la valutazione descrittiva, più imprecisa rispetto al voto, non informi gli studenti sul loro apprendimento e renda impugnabile la valutazione finale?
Risposta. Assolutamente no. La valutazione educativa si basa su riscontri descrittivi, non su numeri, avverbi, aggettivi. Coi riscontri descrittivi uno studente vede il suo lavoro valutato in maniera più precisa rispetto al voto (numerico o meno che sia). Questo significa che lo studente è più informato riguardo ai progressi. I riscontri descrittivi in itinere sono più rigorosi e servono a posizionare in maniera molto più precisa l’apprendimento rispetto agli obiettivi, consentendo di formulare in maniera più affidabile il voto sulla scheda. Ovviamente, la maggiore accuratezza in itinere mette al riparo da eventuali contenziosi.
Domanda 2) Volete l’abolizione dei voti e del valore legale del titolo di studio?
Risposta. Assolutamente no! Noi parliamo di valutazione in itinere, i voti vanno nella scheda, la valutazione educativa col valore legale del titolo non c’entra nulla.
Domanda 3). Non ritenete rischioso cambiare la norma obbligando a non valutare coi voti?
Risposta. Non impediamo nulla. C’è chi da anni, senza bisogno di nuove regole, liberamente usa la valutazione educativa e c’è chi liberamente usa i voti. C’è chi avverte il bisogno di usare la valutazione educativa come strategia didattica, migliorando apprendimento e insegnamento. C’è chi invece non avverte questa necessità. Non è una novità, non è necessaria alcuna modifica normativa. Difendiamo la libertà di insegnamento ed evitiamo inutili conflitti ».
Bene. In queste risposte non è rimasta traccia delle affermazioni di alcuni dei più importanti promotori dell’abolizione del voto e del documento “Per la valutazione educativa”, scritto dal suddetto “Coordinamento”, che hanno affermato recisamente, in varie occasioni, che i voti sono inutili e dannosi o che bloccano l’apprendimento. Inoltre nella conclusione ecumenica (“Non impediamo nulla…liberamente…non è una novità… non è necessaria alcuna modifica normativa…difendiamo la libertà di insegnamento…”) sembra sparire un fatto difficile da nascondere, cioè che veniamo da mesi di campagna feroce e martellante per l’abolizione dei voti – perché mantenerli, d’altronde, se sono “dannosi” o se “bloccano l’apprendimento”? – in tutti gli ordini di scuola.
A leggere questo documento e queste risposte, ora, sembra che i suoi promotori non stiano chiedendo niente. Allora di cosa abbiamo parlato finora? Inoltre queste risposte (in sintesi, si vuole solo l’abolizione dei voti in itinere, e non di quelli finali, non si capisce seguendo quale logica) non rispondono a nessuna delle obiezioni che abbiamo posto, se non dichiarando la “maggiore precisione” delle “descrizioni” rispetto ai voti. Le domande però rimangono tutte lì.
Se i voti di fine percorso devono esserci, per mantenere il valore legale del titolo di studio, perché mai bisognerebbe eliminare quelli in itinere, che dati assieme a descrizioni e spiegazioni, come sono sempre dati da quasi tutti gli insegnanti, rappresentano per gli studenti nient’altro che un elemento di chiarezza? E poi, i “riscontri descrittivi” sono scritti e formulati dagli insegnanti, come è giusto che sia, visto che sono gli unici a conoscere i propri studenti, la situazione in cui si trovano a operare e le proprie finalità didattiche. Dovrebbe scriverli qualcun altro, in astratto e dall’esterno della relazione educativa eppure capace di “maggiore precisione”? E a che titolo?
E ancora, chi definisce il livello di rigore dei “riscontri descrittivi in itinere”? Da quale luogo privilegiato? Sono più rigorosi secondo chi? E davvero, grazie alla loro maggiore precisione (non si sa rispetto a cosa), eviterebbero i contenziosi? Uno studente a cui non è mai stato dato un voto e si ritrova dei quattro a fine percorso non chiederà conto della mancanza di chiarezza? Insomma, si afferma che lo studente avrà il suo lavoro valutato in maniera più precisa: ma rispetto a cosa e da chi?
Nel documento “Per una valutazione educativa” e nelle risposte si fa in realtà una gran confusione: non si capisce più se si racconta dell’esperienza di situazioni particolari o se ci si propone di cambiare il sistema di valutazione di tutto il sistema scolastico, come è già successo per la primaria, attraverso l’azione di figure diverse dai docenti e con una riforma frettolosa e improvvisata che ha messo in grande difficoltà famiglie, studenti e insegnanti e su cui manca qualunque accenno di autocritica.
Pensiamo che un dibattito pubblico onesto debba partire dalla dichiarazione chiara e trasparente della propria posizione e delle proprie intenzioni: altrimenti si alimenta la confusione con strategie per tentare di avere ragione a tutti i costi e, nei casi peggiori, con una vera e propria nebbia in cui non si capisce chi vuole cosa e perché.
Gruppo La nostra scuola, Associazione Agorà 33