Attualità

Il digital divide al tempo del lockdown: un problema culturale prima ancora che tecnologico

Come tutte le crisi mondiali, anche la pandemia generata dal coronavirus sta obbligando la gente a cambiare i propri stili di vita per adattarsi al nuovo contesto, ma ci dà anche la possibilità di alzare lo sguardo e poter cercare strade alternative, creando nuove opportunità davanti a noi.

Siamo alle prese con una situazione di emergenza che ci costringe a casa e siamo costretti, quindi a sperimentare tra le altre cose lo smartworking e nuove forme di didattica a distanza.

E torna di conseguenza di nuovo in auge il tema del digital divide.

Ma non parliamo solo del classico gap legato alla mancanza di un tablet o di uno smartphone, ormai presenti nella maggior parte delle case anche se non in tutte, né della mancanza della larga banda in alcune zone italiane. Questa nuova realtà ci sta facendo assistere ad un nuovo gap da eliminare: quello culturale verso la tecnologia e verso nuovi modi di fare le cose.

L’altro problema che si sono dovute porre in maniera trasversale le famiglie italiane non appena emersa l’emergenza e le restrizioni sociali, infatti, è stato quello di mandare i propri figli in una nuova ”Scuola virtuale” del tutto inesplorata.

E quindi imparare insieme a loro l’utilizzo di applicazioni specifiche come Collabora, Classroom, Meet, o anche l’uso di sistemi di videocomunicazione come Zoom, Teams, Skype.

Ma anche quello di gestire il flusso “In” e “out” dei compiti, stampare schede perché in alcuni casi i libri sono rimasti a scuola, quadrando gli orari con le videocall del lavoro, le pulizie di casa, la spesa.

Gli italiani che avevano un gap con la tecnologia o avevano per scelta lasciato fuori la tecnologia dalla propria abitazione hanno dovuto per necessità accelerare le scelte. La “violenta migrazione” al digitale imposta dal virus che imporrà necessariamente quella che è stata rinominata come e-school fino a fine anno scolastico porterà a dei cambiamenti culturali e mentali anche duraturi.

Un po’ come sarà il tema smartworking per il mondo del lavoro. Anche il più scettico adesso ha capito che si può lavorare da casa (ovviamente solo per alcune tipologie di lavoro) cosi come in ambito scolastico questo lockdown ci ha fatto capire che in fin dei conti la tecnologia può aiutare la didattica, senza che il ruolo del docente possa essere sostituito né quanto meno snaturato. Anzi per tutti gli attori in gioco, insegnanti e studenti questa deve essere vista come una grande opportunità da non gettare al vento quando tutto tornerà quasi come prima.

E’ ovviamente importante anche gestire bene la didattica a distanza, per non sovraccaricare la vista dei ragazzi esposti al display del tablet o del pc e per garantire loro un po’ di sana libertà per riscoprire il gioco i famiglia o con il fratello più piccolo, una sana lettura o qualche hobby nuovo scoperto per l’occasione.

Come in tutte le crisi gravi, anche la pandemia obbliga a cambiare, ad adattarsi, ad alzare lo sguardo, a imboccare strade nuove. Ad accelerare le scelte, anche se è più che mai pericoloso sbagliarle.

Senza tornare indietro.

Dino Galuppi

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