C’è il sindaco nel torinese che ha vietato il wi-fi in tutte le scuole del Comune per paura degli effetti delle onde elettromagnetiche. Ma ci sono anche migliaia di scuole che hanno partecipato ai bandi del ministero dell’Istruzione che ha investito 600 milioni di euro in totale per connettere tutte le scuole italiane. C’è il professore che demonizza i computer sostenendo che il digitale distrae i ragazzi e provoca una perdita di memoria. Ma c’è l’insegnante elementare che legge le fiabe insieme a tanti altri bambini via Twitter.
Queste le contraddizioni più apparenti che Il Sole 24 Ore registra dal suo particolare osservatorio.
Ma ci sono ci sono pure classi che imparano a lavorare a distanza con altre scuole, portando ognuno le proprie competenze specifiche all’interno di un progetto comune. Ci sono alcuni Stati americani che escludono dai programmi l’insegnamento della scrittura a mano, sostenendo che ormai i bambini scrivono con la tastiera (ma poi tornano sui loro passi). E c’è il docente universitario che interviene in una scuola primaria per imporre che i bambini tornino a scrivere ed elaborare testi manualmente.
Insomma quando la tecnologia entra nella aule scolastiche divide come non mai.
Tuttavia non ci sono evidenze scientifiche che l’utilizzo delle tecnologie digitali porti a un miglioramento dell’apprendimento o del rendimento scolastico. Ma neanche del contrario. La stessa Ocse ha recentemente concluso che non c’è alcuna correlazione positiva, ma che, anzi, i ragazzi che fanno un grande uso delle tecnologie tendenzialmente hanno un rendimento inferiore alla media.
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Ma, avverte la stessa Ocse, non per questo bisogna buttare tutta la tecnologia, che ha enormi potenzialità per il sistema scolastico: forse i docenti non sono ancora in grado di utilizzare questi strumenti in maniera adeguata.
Il computer e internet, sibila qualcuno, riducono le capacità di scrittura e la memoria, provocando non pochi problemi nell’apprendimento stesso: “Bisogna vietare a scuola l’uso di apparecchi tecnologici fino all’adolescenza, puntando invece sulle attività manuali e sulla scrittura”.
Se le potenzialità della tecnologia sono legate alla formazione degli insegnanti, il Piano nazionale scuola digitale prevede la scelta e la formazione di animatori digitali per ogni scuola che siano in grado di condividere e riproporre le esperienze positive all’interno della propria scuola.
Né è però un mistero che i docenti italiani siano piuttosto attempati e, quindi, mediamente poco propensi all’uso di pc e tablet. Un dato di fatto che lascia spazio a un atteggiamento di diffidenza e di sostanziale paura di perdere autorevolezza nel rapporto con gli studenti.
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