Il dilemma siberiano

Dopo il ventennio berlusconiano, si prospetta quello renziano. E per la scuola pubblica statale si apre uno scenario da “dilemma siberiano”, che è una scelta tra due modi di finire congelati. In sintesi: il ghiaccio si rompe e cadi nell’acqua; se in quattro minuti non ti tirano fuori, sei morto. Ma se ti tirano fuori, nell’aria ghiacciata, sei morto comunque in due minuti. Può costituire un modo per “misurare”, non solo la pochezza, la demagogia della classe dirigente politica italiana, ma anche il livello di ipocrisia, e forse, in alcuni casi, anche di malafede, l’ennesimo scandalo: il Mose. (4 mld di euro volatilizzati, a beneficio di coloro i quali conoscono la meritocrazia all’italiana.) Il mantra “ce lo chiede l’Europa”, non solo non è stato preso in considerazione dai nominati che siedono in Parlamento, ma è stato gioiosamente sfasciato attraverso una “violazione alla concorrenza sulle gare d’appalto comunitarie”, suscitando forte irritazione negli asettici corridoi dei palazzi bruxelliani.

Un feroce stordimento subentra quando si legge, sul libro-inchiesta attinente, che c’è, come se non bastasse un solo cancro, un altro tipo di corruzione, più scellerato: quello delle leggi che sono scritte contro l’interesse dello Stato (e a vantaggio esclusivo dei privati), predisposte in modo tale da rendere assai nebuloso configurare il reato. Per questo è così “naturale” escogitare ricorrenti ere glaciali che, ormai da 5 lustri, ricoprono il pianeta scuola? (ben inteso, solo quella statale !).

Ere glaciali che erodono progressivamente, non solo la quantità e qualità della istruzione e formazione degli studenti italiani, rispetto i loro colleghi europei, non solo le retribuzioni, (e la pazienza) di chi abita il pianeta scuola, ma anche le capacità di disegnare le linee guida per il prossimo futuro. A meno che, queste ultime, non siano ruminate da sconosciuti ragionieri, e poi tradotte, secondo il consueto e avariato apparato retorico, dai portatori di interesse di turno. 


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