Una vera e propria manovra – sostiene – partita due anni fa che punterebbe a scalzarlo dall’Isin, l’agenzia che dovrà occuparsi dell’eredità nucleare italiana. E’ questa, in sintesi, la verità che l’ex direttore generale della ricerca del Miur e attuale segretario generale dell’ambiente affida a una lunghissima lettera inviata alla stampa 24 ore dopo l’avviso di chiusura delle indagini a suo carico relative alla gestione dei fondi comunitari per la ricerca e lo sviluppo industriale.
“Ci siamo ritrovati a lavorare in urgenza e avevamo un problema di fondo. Al ministero era un via vai di parti economiche e sociali che venivano a lamentare il fatto che dal 2000 al 2010, con la crisi economica, le imprese avevano difficoltà ad accedere ai fondi, lamentavano che il nostro vecchio regolamento, che risaliva al 2000, era troppo rigido. E allora ci dicevano che dovevano cercare di praticare il principio del favor partecipationis, di evitare di buttare fuori la gente per delle sciocchezze e noi così abbiamo fatto, senza però ridurre l’azione di controllo”. Per gli inquirenti, invece, l’urgenza e le direttive conseguenti sarebbero state la ragione per allentare i meccanismi di valutazione e controllo sul corretto destino delle risorse, avvantaggiando alcune società e enti. Gli ispettori, nella relazione di 153 pagine, puntano il dito contro procedure tanto veloci da risultare sospette, regole disattese, valutazioni approssimative. Calcolano ad esempio in 7,5 minuti il tempo dedicato alla valutazione di progetti di ricerca industriale da 5 a 25 milioni di euro. “Data la complessità della valutazione e la corposità della documentazione da valutare, un tempo decisamente non idoneo per un giudizio compiuto e pertinente”.
Agostini rinnova l’attacco al Fatto quotidiano, già accusato davanti alle commissioni parlamentari di “giornalismo a orologeria” e ai “gruppi di interesse” che avrebbero manipolato la stampa fornendo informazioni false per accreditare un fumus di mala gestio intorno alla sua figura di direttore al ministero dell’Istruzione. Situazione che avrebbe poi colto al volo l’allora titolare del dicastero, Francesco Profumo, contro cui Agostini punta ora il dito accusandolo di “cinismo”.
Quindi l’accusa di una sorta di “vendetta postuma” ai piani alti del Miur che però sarebbero per i funzionari Miur “accuse ridicole. Profumo si è mosso nell’unica direzione che avrebbe tutelato davvero il Ministero”.
Le indagini contestate da Antonio Agostini sono effettivamente partite da un’ispezione della Ragioneria generale dello Stato, durata circa sei mesi, voluta dell’ex ministro Profumo dopo la pubblicazione di un articolo del Fatto quotidiano. Ma da quel rapporto sono poi nate diverse inchieste, condotte dall’antifrode europea – Olaf – dalla Corte dei conti e dalla procura di Roma. I fatti contestati dall’ispettorato sono stati investigati dal Nucleo spesa pubblica della Guardia di finanza, che ha ricevuto una delega specifica dai magistrati romani. La conclusione dell’inchiesta notificata nei giorni scorsi ad Agostini e Fabrizio Cobis (autorità di gestione dei fondi europei, ancora in carica al Miur) è solo un primo risultato delle indagini. Altri filoni sarebbero ora al vaglio della procura, mentre l’antifrode europea dovrà ora valutare l’eventuale richiesta di restituzione dei fondi concessi: solo per i 18 progetti contestati nella conclusione delle indagini si parla di una cifra di circa 315 milioni di euro.
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