Home I lettori ci scrivono Il dirigente scolastico non è l’allenatore di una squadra di calcio

Il dirigente scolastico non è l’allenatore di una squadra di calcio

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Signor Presidente del Consiglio,

 

mi ha quasi convinto. Votare il partito democratico alle ultime elezioni è stato un errore. Perchè avere dato la fiducia ad un gruppo di uomini e donne che vedono come solo orizzonte il proprio naso, e non riescono a cogliere quanto ci sia di vero nelle obiezioni che vengono rivolte ai provvedimenti messi in campo sulla scuola, rende quel partito estraneo ai miei valori di persona, di educatore, di insegnante.

Quale è stato il senso di promuovere incontri e chiedere suggerimenti a quanti vivono quotidianamente il mondo della scuola nelle diverse sfaccettature, affrontando e risolvendo problemi, salvo poi tirare dritti dando ascolto al sottosegretario Faraone che il 17 aprile, in un incontro promosso a Reggio Calabria dal partito democratico su “La Buona Scuola”, di fronte alle obiezioni sulle conseguenze di possibili errori dei dirigenti in conseguenza del vostro DdL ha avuto come unica risposta lapidaria “E’ giusto che il dirigente faccia come l’allenatore di una squadra di calcio, che possa svolgere il suo campionato, e se perde sono problemi suoi”?

Ma come, problemi suoi. E questi sarebbero i suoi consiglieri? Questi sarebbero i luminari che hanno le belle pensate?

Ma non si vergogna, il sottosegretario Faraone, ad avere simili sortite? Non prova almeno un po’ di imbarazzo, signor Presidente del Consiglio, ad essere attorniato da consiglieri di questa fattura? E Lei si fida di questi consiglieri? Dopo avere letto tali esternazioni, che presumo debbano essergli sembrate molto argute, mi sono chiesto: “Faraone, chi è costui?”.

Sono andato a cercare il curriculum che lo ha portato a ricoprire l’incarico di Sottosegretario all’Istruzione, ed è stato deludente e preoccupante.

Perchè in tanti anni di attività, a parte il fatto che ha conseguito un diploma di maturità, ha intrapreso un corso di studi universitari nemmeno concluso, ed è stato occupato a lungo nel presentare emendamenti contro la Tarsu quando era consigliere nel comune di Palermo.

Capisce, signor Presidente? La Tarsu, la mondezza.

Ora, mi illumini su un qualcosa che non riesco a cogliere nella sua interezza: cosa ha a che fare la tassa sulla mondezza con la riforma della scuola? Quali competenze aggiuntive offre a chi fa politica occuparsi della mondezza e della tassa che ne consegue per poi occuparsi anche della riforma del sistema scolastico?

Oppure devo considerare che la Scuola italiana, una delle istituzioni centrali del nostro Paese, sia considerata alla stessa stregua della tassa sulla mondezza?

Ma di fronte alle preoccupazioni di noi insegnanti, Signor Presidente, Lei ci rassicura: “capisco le ragioni di chi protesta”… eh no, signor Presidente, non lo credo proprio.

Perché è vero e Le do atto che su alcune questioni sta prospettando azioni importanti, quali le immissioni in ruolo, e sta accogliendo proposte di modifiche al disegno di legge quali l’allargamento del centro delle decisioni anche ai nostri collegi dei docenti, e plaudo al riguardo, così come concordo sul fatto che la libertà di insegnamento non può essere declinata da noi insegnanti nel “faccio quel che mi pare”; ma sul nodo spinoso degli albi territoriali temo che, per Sua fortuna, ed è una disgrazia che non auguro nemmeno al peggiore dei miei nemici, le nostre ragioni della protesta lei non possa capirle fino in fondo perché forse non ha mai avuto la necessità di avvicinarsi a familiari in difficoltà dovendosi affidare alla sorte della chiamata diretta dei dirigenti scolastici così come indicato nella legge che vorreste frettolosamente approvare, sostituendo la regolazione di un diritto amministrato da regole certe con l’esercizio di una supplica a quei dirigenti che possono fare la differenza tra assistere i suoi famigliari od osservare da lontano ed impotente alle loro sofferenze, tra l’essere cittadino portatore di doveri e di diritti o suddito in attesa di clemenza.

Capisce cosa intendo, signor Presidente? L’esistenza di regole certe, che in un sistema equo e giusto, quale immagino dovrebbe diventare la scuola alla quale sta pensando, possano garantire il funzionamento del servizio scolastico ed allo stesso tempo il rispetto di quanti ne permettono il funzionamento ordinato.

Non lo affermo io, Gianni Dessanti, semplice insegnante, è scritto a chiare lettere in diversi articoli della nostra Costituzione elaborata da Personalità ben più importanti della mia alla conclusione del ventennio di dittatura fascista. Tra un cinguettio e l’altro, tra l’ascolto delle belle pensate del suo sottoministro all’istruzione e gli insulti rivolti a noi insegnanti esasperati dal suo Ministro all’Istruzione, provi a ritagliare qualche minuto per dare un’occhiata a quegli articoli della Costituzione.

Sono sicuro che lo troverà molto istruttivo, e riscontrerà corrispondenza tra quanto scritto nella Carta fondante dei nostri diritti e doveri con le condizioni reali di noi cittadini/persone/insegnanti che da diversi mesi chiediamo a gran voce che quei principi costituzionali continuino ad essere applicati, coglierà il forte legame che esiste tra le ragioni della nostra protesta ed i principi fondanti della nostra Costituzione, Le sarà chiaro infine, ma non per ultimo, che il successo o il fallimento del servizio scolastico non è mai stato e mai potrà diventare il problema del solo dirigente, come incautamente ha affermato il sottosegretario Faraone, ma dell’intera comunità educante.

Resto in attesa di una Sua risposta

Cordialmente

 

Gianni Dessanti