I lettori ci scrivono

Il diritto dei docenti a formarsi negato dal Politecnico di Torino

Gent.mo Ministro Bussetti,

Le scrivo per un caso particolarmente doloroso che riguarda a mio avviso la tutela del diritto allo studio e la salvaguardia della formazione continua dei docenti e dei cittadini in generale.
L’amministrazione della Scuola di Dottorato del Politecnico di Torino, ScuDo, nella persona del direttore della medesima scuola, prof. Flavio Canavero, vuole rifiutarmi l’immatricolazione. Signor Ministro,

Le spiego la mia situazione: sono docente a tempo indeterminato della scuola secondaria(insegno in un Istituto Tecnico Industriale di Palermo) e ho conseguito un primo dottorato presso l’Università degli Studi di Palermo, nel 2008(XIX ciclo), prima di iniziare l’insegnamento. Aggiungo che sono diventato docente a seguito del concorso del 2012 e dopo ben sette anni di servizio in Piemonte, lontano da famiglia e affetti.

Adesso mi sono candidato con successo al  Dottorato in Architettura. Storia e Progetto, XXXIV ciclo del Politecnico di Torino, pervenendo al secondo posto in graduatoria, con punti 91/100, ciò anche alla luce del mio curriculum e delle numerose e qualificate pubblicazioni.

La legge Gelmini 240 del 2010 ha introdotto il divieto per i dipendenti in possesso di titolo di dottorato di chiedere il congedo straordinario, con o senza assegni. Orbene, per rispondere all’esigenza di formazione continua dei docenti, il Miur e l’Aran suggeriscono, come indica un parere emesso proprio dall’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni del 2017, l’utilizzo dei permessi studio per consentire il diritto allo studio dei docenti.

In più, la Scuola di Dottorato si rifiuta di riconoscere le innovazioni in merito di compatibilità tra lavoro e dottorato apportate dalla   Nota 24 marzo 2014, protocollo n.436″, a firma del Ministro Stefania Giannini, che correggevano in alcuni aspetti il D.M. 45, emanato dal predecessore Ministro Profumo, nel 2013.

Tali innovazioni sono state anche recepite, fra l’altro proprio dal Regolamento in materia di Dottorati di ricerca del Politecnico di Torino, in vigore dal 3/11/2017 che afferma al Titolo VIII, art. 22:

“Il Collegio dei Docenti potrà autorizzare i dottorandi a svolgere limitate attività retribuite verificandone la compatibilità con il proficuo svolgimento delle attività formative (didattiche e di ricerca) relative al corso;[…] per i dottorandi senza borsa va in ogni caso valutata in concreto l’eventuale incompatibilità derivante dall’attività lavorativa senza che questo determini un comportamento lesivo di diritti tutelati a livello costituzionale, quali il diritto allo studio per i capaci e meritevoli anche se privi di mezzi.

Il direttore della scuola, Prof. Canavero,  insiste in una interpretazione oltremodo restrittiva della legislazione in materia, che si ostina a non tener conto dei più recenti orientamenti applicativi dell’Aran. Nulla infatti è stato rilevato in merito al testo del parere del 2017 allegato, emanato dalla superiore autorità giurisprudenziale dell’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, organo cui anche il Politecnico di Torino ha il dovere di conformarsi.

Sottolineo inoltre l’incongruenza di quanto riportato nella  comunicazione del Politecnico di Torino, nel testo del bando di concorso del XXXIV ciclo, in cui  non era in alcun modo evidenziata l’incompatibilità assoluta di cui nella missiva del Prof. Canavero, allegata alla presente:

“Art. 14 – Obblighi e diritti dei dottorandi relativi all’ammissione al dottorato. L’ammissione al dottorato comporta un impegno esclusivo e a tempo pieno. Il Collegio dei docenti può
autorizzare l’eventuale svolgimento di attività retribuite verificandone la compatibilità con il proficuo svolgimento delle attività formative (didattiche e di ricerca) relative al corso. ”

Infine, il tutto contrasta con le ben più elastiche affermazioni in materia, riscontrabili nei regolamenti del dottorato di numerosi Atenei italiani, tra cui, ad es., l’Università di Torino e l’Università dell’Aquila.

Un insegnante che, con tanti sacrifici, di studio, economici e di fronte alla propria famiglia ha deciso di fare il pendolare dalla Sicilia a Torino per proseguire il proprio percorso accademico e di studio, ammesso al secondo posto in graduatoria, per il valore riconosciuto delle pubblicazioni e il merito del progetto, sia un caso di SUMMUM IUS, SUMMA INIURIA.

Raimondo Mercadante

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