Il diritto, sacrosanto e di tutti, alla mobilità non sia alienato

Sono una Docente della Scuola Pubblica Italiana, con dieci anni di precariato tra supplenze brevi e annuali, di ruolo da due, in una provincia diversa da quella di residenza. Sono membro di un cospicuo gruppo di colleghi, definitosi “docenti immobilizzati” che, in questi ultimi mesi, patisce uno stato d’animo tormentato, angustiato e frustrato per la proposta di Riforma Scolastica di cui si attendono i decreti attuativi. Nella fattispecie, come si evince probabilmente dal nome da noi utilizzato, ci preoccupa, non poco, la ricaduta che essa avrà sulla mobilità, sia provvisoria sia permanente. Se le assunzioni di 150.000 colleghi, inseriti nelle graduatorie, effettivamente si rendessero concrete, per una buona parte della nostra categoria la possibilità di spostarci diventerebbe una chimera. Con ciò, noi non intendiamo negare il diritto alla stabilizzazione dei colleghi ma intendiamo comunicare l’eventualità che tali immissioni si potrebbero realizzare più razionalmente e attraverso altre modalità.

La modifica della Legge Fornero sui pensionamenti, la diminuzione degli alunni a fronteggiare le cosiddette “ classi pollaio”, potrebbero creare, se ci fosse buon intento, situazioni favorevoli alle assunzioni, oltre che risolvere problematiche ormai risapute di chi vive quotidianamente la “Vita Scolastica”. Alimentare “guerra tra poveri”, frustrazioni e demotivazioni, destabilizzare umanamente la classe docente, come del resto è stato sempre fatto negli ultimi anni, non fa sicuramente della scuola una “buona scuola”. Una buona scuola è tale se i docenti che ci lavorano sono sereni, tranquilli, liberi.

La scelta di spostarsi è stata, e lo è ancora, una scelta sofferta. Ha implicato lo smembramento di famiglie, sacrifici umani ed economici immani, privazioni affettive ed emotive ma, malgrado ciò, sempre devoti al nostro dovere, abbiamo intrapreso questo percorso con la speranza di poter realizzare, un giorno, la nostra vita a pieno, liberi di scegliere di spostarci e, anche, ritornare presso le nostre residenze.

Questa problematica interessa, oggi, parte dei docenti di ruolo ma, domani, interesserà anche i colleghi precari che si vedranno, come noi, costretti all’esilio.

Semplicemente chiediamo che il diritto, sacrosanto e di tutti, alla mobilità non sia alienato, per esercitare al meglio il Magistero, sulla base del quale si fonda ogni presupposto societario. A tal motivo chiediamo che sia anteposto un piano straordinario di trasferimenti affiancato a quello delle immissioni o che queste siano razionalizzate e che sia abolito il vincolo triennale sulla provincia, per permettere, democraticamente, a tutti di avere accesso alla mobilità. Tale vincolo non avrebbe senso all’interno del quadro normativo prefigurato.

Credo che i tempi siano maturi per avvalorare una classe docente dequalificata, bistrattata, continuamente destabilizzata poiché la scuola è fondamenta della società e la scuola è fatta di docenti, persone e professionisti.

I lettori ci scrivono

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