Il primo punto sul quale abbiamo lavorato – e lavoreremo intensamente nei prossimi mesi – è l’istruzione, a tutti i livelli.
Per quanto riguarda la scuola abbiamo cinque obiettivi:
Primo obiettivo: promuovere una migliore scolarità in tutta la popolazione, favorendo il sapere e le competenze diffuse. Il Professor Vittadini ha citato un dato che bisogna invertire quanto prima: 38% dei quindicenni italiani che ritiene la scuola un luogo dove non si ha voglia di andare. La scolarità diffusa è il un passo necessario per “togliere il freno” allo sviluppo dell’imprenditorialità e contribuire al diffondersi di un’offerta di lavoro più qualificato.
Secondo obiettivo: offrire maggiore possibilità alle scuole di esprimere, con autonomia e responsabilità, le proprie potenzialità.
È importante, anzitutto, potenziare l’istruzione tecnico-professionale, come ricordava anche il Professor Vittadini poco fa. Se nel mercato del lavoro italiano persiste un divario tra la domanda elevata di alcune professionalità e l’offerta scarsa o inesistente è anche a causa dell’insuccesso della formazione tecnica. Confartigianato ha quantificato in 32mila i posti di “difficile reperimento”. Una migliore formazione tecnico-professionale è il perno su cui insistere per colmare questo divario.
Dobbiamo anche insistere sul digitale, per accelerare i tempi e facilitare i rapporti tra la scuola pubblica e gli utenti: insegnanti, studenti e genitori.
Terzo obiettivo: introdurre nuove modalità di reclutamento e formazione dei docenti, per favorire l’ingresso nella scuola di giovani insegnanti capaci e meritevoli e favorire un rapporto continuo e stretto tra scuola e società, anche attraverso accordi istituzionali con università, enti di ricerca, associazioni professionali e parti sociali.
Quarto obiettivo: tra le nostre priorità c’è anche il contrasto all’insuccesso formativo, alla dispersione e all’abbandono scolastico. L’Agenda di Lisbona – che questo Governo sposa pienamente – pone l’obiettivo di portare il tasso di fallimento formativo sotto il 10%. Sono ben 8 punti percentuali in meno di quello attuale. Senza contare il tasso di abbandono scolastico dei giovani tra i 15 e i 24 anni, che – ha ricordato recentemente il Corriere della Sera citando una ricerca di Confartigianato – resta elevatissimo: 18,6%.
Per riuscire stiamo portando avanti azioni specifiche per contrastare le cause di fenomeni di mancata scolarità e per promuovere il recupero delle aree scolastiche più compromesse, anche potenziando iniziative di educazione alla cittadinanza e alla legalità.
Di esempi ce ne sono molti. Tra i tanti, cito i “Fondi alle Regioni il diritto allo studio degli studenti meno abbienti”. Grazie a questi Fondi abbiamo potuto stanziare 103 milioni di Euro a favore delle Regioni per la fornitura gratuita, nel prossimo anno scolastico, dei libri di testo delle scuole dell’obbligo e secondarie superiori.
Quinto obiettivo: riteniamo strategica la promozione della mobilità degli studenti, estendendo a tutti la possibilità di studiare e fare esperienza lavorativa all’estero, per poi tornare nel nostro Paese e far fruttare le conoscenze apprese.
Vi cito l’esempio del progetto Angels. Il nome, da solo, dice tutto: 5,3 milioni di Euro, ripartiti in tre annualità, con tre obiettivi principali: Anzitutto, far sperimentare agli studenti metodi di ricerca e insegnamento propri di altri sistemi educativi e sviluppati da centri di eccellenza internazionale; Inoltre, accrescere la domanda di qualità nell’insegnamento e nella ricerca; Infine, favorire la competitività e l’azione delle imprese del Mezzogiorno attraverso la formazione di nuove classi dirigenti.
Per quanto riguarda l’università il nostro progetto è, si fa per dire, “semplice”: prima di tutto, vogliamo azzerare la “fuga dei cervelli” dal Paese, partendo dal momento in cui quei cervelli si stanno formando. Appena pochi giorni fa sfogliavo uno studio condotto dall’Istituto per la Competitività sul costo che la fuga dei cervelli produce per il nostro PIL. I dati sono preoccupanti. Il saldo negativo viene stimato in 1,2 miliardi di euro. Lo stesso studio quantifica in 20 miliardi di euro annui l’incremento di PIL che deriverebbe dall’azzeramento di questo saldo.
Contestualmente, stiamo cercando di migliorare gli atenei. Lo stiamo facendo attraverso tante azioni concrete, tre in particolare:
prima tra tutte quella finalizzata a favorire la “permeabilità” fra Università, imprese e centri di ricerca. Un sistema “poroso” in cui ciascuno degli attori che lo compongono offre agli altri il proprio valore aggiunto e ha la possibilità di colmare le proprie lacune facendo perno sulle competenze messe a disposizione dagli altri.
La seconda azione è volta a migliorare gli standard di valutazione e la loro trasparenza. Non si tratta di togliere i finanziamenti a chi non produce. Si tratta di premiare chi produce e di sollecitare chi è rimasto dietro a riflettere sulle proprie carenze, per tornare a essere competitivo.
Infine, con la terza azione miriamo a ricostruire i grandi aggregati di competenze nazionali, che per noi sono strumentali non solo alla “specializzazione intelligente” dei territori – vuol dire che ciascun territorio potrà e dovrà produrre il tipo di sapere per cui è più adatto – ma anche all’identificazione di cluster innovativi. In questo modo non mortifichiamo la possibilità di far nascere, anche dal nulla, nuovi saperi e capacità.
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