Il disegno come comunicazione nella scuola dell’epoca dell’immagine

L’uomo ha sentito la necessità di comunicare sin dai tempi più remoti della civiltà; probabilmente prima in forma gestuale poi cominciando ad articolare suoni e, quindi, collegando gesti e suoni. Una cosa è certa che all’origine della civiltà i modi di comunicare sono stati diversi come: tracciare segni sul terreno, disegnare graffiti sulle pareti delle grotte, usare suoni e rumori prodotti da oggetti naturali (conchiglie, corna di animali, versi di animali ecc.) pur di comunicare.

La scrittura alfabetica che permette la costruzione di parole è avvenuta successivamente e rappresenta lo stadio finale di una lunghissima trasformazione iniziata con figure e segni convenzionali per indicare qualcosa; quindi si è passati alla scrittura fonetica e poi a quella sillabica per arrivare a quella alfabetica che oggi noi usiamo quotidianamente.

La scrittura alfabetica comparsa presso i Fenici, si estese su tutto il Mediterraneo mediante gli scambi commerciali tra le popolazioni che si affacciavano su di esso. Con la scrittura alfabetica nascono le parole che articolandosi tra loro, e utilizzando gli stessi fonemi, formano frasi che esprimono concetti, situazioni reali o immaginarie, sentimenti ecc.; e così si è andati avanti nello sviluppo della società facendo in modo che le parole, piano piano, diventassero significanti in modo chiaro e univoco come chiarisce la semantica lessicale. Col tempo le parole hanno acquisito una tale forza di comunicazione che sono diventate simili alle “pietre” necessarie per costruire ripari e abitazioni fin quando non è iniziato il decadimento dovuto alla tecnologia digitale che ha fatto, mediante la scrittura sms, un ritorno al passato reinventando, specialmente tra i giovani, un nuovo linguaggio più legato all’immagine che alla parola.

MassimoRecalcati sostiene, infatti, nel suo ultimo libro “L’ora di lezione” che “Il fenomeno più rilevante e preoccupante è che in questo contesto [scuola] la parola perde peso e viene ridotta a un suono privo di senso. La crisi della scuola coincide in tal senso con una crisi più profonda della parola.”. Gli insegnanti, infatti, entrano in relazione con gli studenti mediante la parola dando vita con essa a lezioni, conversazioni, interrogazioni, colloqui, ecc. Più oltre, nello stesso testo si legge “E’ un altro tratto paradossale del nostro tempo: la parola circola ovunque rivelando il suo carattere inflazionato . . . le parole che diventano “solo parole” sono le parole che hanno perduto il nesso etico che le vincola alla loro conseguenza”.

Ecco, quindi, che le parole, anche con il massiccio uso degli sms, evaporando perdono l’aspetto di “sassi” in grado di costruire frasi ed esporre concetti e sentimenti mentre l’immagine torna a farla da padrona in ogni aspetto e situazione del vivere civile tanto che spessissimo le frasi sono condite di diverse immagini di “smile” che sintetizzazo sentimenti e pensieri con semplici “icone”.

Pertanto mi chiedo: come mai in questa società dove le parole non sono più “pietre” necessarie a costruire frasi ed esprimere concetti e l’immagine assume un ruolo importantissimo in ogni forma di comunicazione (stampa, televisione, internet, sociali, pubblicità, ecc.) tranne che nella scuola dove il “disegno” inteso come “Rappresentazione grafica di oggetti della realtà o dell’immaginazione, di persone, di luoghi, di figure geometriche, ecc., fatta con o senza intento d’arte” (Vocabolario Teccani.it – voce disegno) con tutte le sue sfaccettature di codifica e decodifica grafica del pensiero e della comunicazione è quasi inesistente?

Le ultime riforme scolastiche hanno, infatti, ridotto notevolmente le ore di disegno sia nella scuola media sia nelle superiori; in particolare l’ultima riforma (riforma Gelmini) con la fusione degli Istituti d’arte con i Licei artistici ha “sancito la morte dell’istruzione artistica” nella nostra scuola creando un percorso di studi ibrido che non sviluppa negli studenti né l’aspetto creativo intellettuale né l’aspetto creativo collegato alla manualità all’operosità e alle innumerevoli esperienze dell’artigianato artistico che ci è invidiato in tutto il mondo.

Ora mi chiedo, disconoscendo il valore didattico del disegno come linguaggio dell’immagine in una società che ha sostituito l’immagine alla parola, i nostri giovani studenti come potranno apprezzare e far apprezzare agli altri i valori estetici e le bellezze del nostro patrimonio artistico e della nostra Nazione definita “museo a cielo aperto”?  Chi educherà i nostri studenti ad apprezzare le bellezze del territorio, dell’ambiente, dell’architettura, dell’arte in tutte le sue espressioni se gli insegnamenti sono carenti dell’elemento di base: il “disegno” nelle sue differenti declinazioni, da quello tecnico a quello pittorico, da quello pubblicitario a quello animato, da quello artistico a quello figurato o ornato fino al disegno digitalizzato?

Mi torna in mente, a tal proposito, una frase di Leonardo da Vinci che deve essere il compito principale della scuola e cioè: “L’acquisto di qualunque cognizione è sempre utile allo intelletto, perché potrà scacciare da sé le cose inutili, e riservare le buone. Perché nessuna cosa si può amare, né odiare, se prima non si ha cognizion di quella”.

La scuola, quindi, dovendo formare le future generazioni ha come compito principale quello di acquisire cognizioni utili all’intelletto per anticipare il futuro o, se non altro come minimo, di vivere il presente. Per questo una scuola che vive nell’epoca dell’immagine come può disconoscere il valore didattico, educativo e comunicativo del “disegno” e rinunciare a preparare i propri giovani alla codifica e decodifica delle immagini per avere “cognizion di quella” intendendo come immagine “una rappresentazione visiva non solida della realtà”. (Wikipedia: voce immagine)

Elio Fragassi

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