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Il divario sulla formazione in Italia si è ridotto

A sostenerlo la terza edizione del “Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes 2015)” dell’Istat.

L’Italia presenta un forte ritardo su istruzione e formazione rispetto alla media dei paesi europei, ma nell’ultimo anno l’incremento di diplomati e laureati, insieme con quello delle persone che hanno svolto formazione continua e alla significativa riduzione del tasso di abbandono precoce degli studi, hanno ridotto il divario che ci separa dal resto dell’Europa. Piccolo segnale positivo è anche la quota di Neet che, dopo anni di crescita, si mantiene stabile rispetto all’anno precedente (26%). Tuttavia, sebbene il costante miglioramento dal 2004, i tassi d’incremento sono sempre molto contenuti e più bassi di quelli europei. Inoltre, in controtendenza, il tasso di immatricolazione dei diplomati nel 2014/2015 è in diminuzione, dal 49,7% al 49,2%, e sarà necessario verificare che ciò non corrisponda all’inizio di un preoccupante progressivo allontanamento dall’università. La partecipazione culturale, che aveva conosciuto un trend negativo durante tutto il periodo di crisi, è in miglioramento nel 2014, soprattutto per la crescita di visitatori a musei, mostre e siti archeologici. Diminuisce, invece, la lettura dei quotidiani.

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 Migliorare l’accesso e la partecipazione ai percorsi di istruzione e formazione e alla fruizione culturale significa accrescere il capitale umano del Paese, un obiettivo che richiede siano perseguite anche equità e pari opportunità. Infatti, nonostante l’innalzamento del livello medio di istruzione, i giovani appartenenti a taluni contesti territoriali e socio-economici mostrano ancora un palese svantaggio al confronto di altri.

Le differenze a sfavore del Sud sono profonde, e non possono non essere imputate anche alle carenze del sistema scolastico; ad esempio, l’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione riguarda il 19,3% dei 18-24enni nel Mezzogiorno contro il 12% del Nord mentre la quota di 30-34enni che hanno conseguito un titolo universitario è al 25,3% al Nord e al 19,7% nel Mezzogiorno. Inoltre, ovunque nel Paese la classe sociale di provenienza continua a condizionare pesantemente la riuscita dei percorsi scolastici e formativi dei ragazzi. I figli di genitori con titoli di studio elevati o professioni qualificate abbandonano molto meno gli studi, hanno minori probabilità di diventare Neet, presentano livelli di competenza informatica maggiori e partecipano ad attività culturali molto più frequentemente dei figli di genitori poco istruiti o con bassi profili professionali. Del resto, a dispetto del luogo comune sull’inopportunità di proseguire gli studi – sempre più diffuso soprattutto in questi anni di congiuntura economica sfavorevole – il titolo di studio conseguito continua a rivestire un ruolo cruciale per la partecipazione al mercato del lavoro e la laurea ha difeso di più dagli effetti negativi della crisi.

L’indice composito d’istruzione e formazione migliora da 97,7 nel 2008 a 105,3 nel 2014, (basato su indicatori di: partecipazione alla scuola dell’infanzia; persone con almeno il diploma superiore; persone che hanno conseguito un titolo universitario; uscita precoce dal sistema d’istruzione e formazione; partecipazione alla formazione continua e persone con alti livelli di competenza informatica). L’indice standardizzato di partecipazione culturale, al contrario, mostra una forte diminuzione con un leggero recupero solo nel 2014 (da 96,6 del 2008 a 91,4 del 2014).

Pasquale Almirante

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