La legge della “Buona Scuola” tra le altre cose ha previsto l’organico dell’autonomia e di conseguenza la figura del docente di potenziamento.
Ai sensi del comma 68 della Legge n.107/2015 la normativa prevede che a decorrere dall’anno scolastico 2016/2017, con decreto del dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale, l’organico dell’autonomia è ripartito tra gli ambiti territoriali, ambiti che la mobilità dell’anno 2019/2020 sta cercando di cancellare per lasciare spazio al trasferimento su scuola. Ne discende la formulazione dell’organico dell’autonomia che comprende l’organico di diritto e i posti per il potenziamento, l’organizzazione, la progettazione e il coordinamento, incluso il fabbisogno per i progetti e le convenzioni di particolare rilevanza didattica e culturale espresso da reti di scuole o per progetti di valore nazionale.
Non esiste, quindi alcuna differenziazione tra organico di diritto e organico di potenziamento in quanto tutti e due gli organici confluiscono in quello dell’autonomia. Il Dirigente Scolastico non può dispoticamente assegnare un docente dell’organico di diritto spostandolo su quello di potenziamento, ma deve necessariamente seguire dei precisi criteri che vengono stabiliti dal Consiglio d’Istituto e successivamente deliberati dal Collegio dei Docenti. Se gli organi deliberanti approvano progetti legati all’ampliamento dell’offerta formativa rientranti nel PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa), allora il Dirigente Scolastico può prendere la decisione di quali docenti assegnare alle classi e quali affidare all’organico di potenziamento. Questo ovviamente avviene dal settembre 2017, da quando è entrato a regime l’organico dell’autonomia istituito dalla legge della “Buona Scuola”.
Stanno circolando in ambienti scolastici ridda di voci che non rispondono al vero, ossia che il docente di potenziamento sia considerato un docente di “serie B” o un docente destinatario di una spedizione punitiva da parte del Dirigente Scolastico. Non è affatto così perché il docente di potenziamento deve essere considerato una risorsa aggiuntiva per la scuola e non un docente da sanzionare perché non ritenuto dal Dirigente adatto a compiere in pieno la sua funzione docente o per contrasti scaturiti dai rapporti tra i DS e gli insegnanti, o perché ritenuti antipatici.
Lo spirito della legge non vuole assolutamente “punire” i docenti ma valorizzarli secondo determinati criteri stabiliti dagli organi collegiali. Ad alimentare questi dubbi e questo clima di incertezza sono spesso i rapporti tra i docenti e i genitori degli alunni che creano condizioni di dissapori, in quanto, soprattutto i genitori vogliono “ficcanasare” nell’operato del docente, dettando addirittura legge e se non vengono “accontentati” vanno a rapportare le loro rimostranze al Dirigente Scolastico, il quale per togliersi dagli “impicci” prende la decisione di sanzionare il docente, punendolo, spesso, senza motivo o additandolo per cose che non ha detto né tantomeno fatto.
Tutto questo trova la sua ratio dove? In un’altra legge iniqua che è la “legge Brunetta” che ha irrobustito i poteri dei Dirigenti scolastici dando loro la facoltà di sanzionare i docenti che compiono infrazioni legate al codice di comportamento dei pubblici dipendenti. Si ricorda che il docente nell’esercizio delle sue funzioni, è considerato un pubblico ufficiale e, quindi, non può essere soggetto a discredito e dileggio da parte dei genitori, che vogliono ottenere le cose “per forza”.
Si ribadisce, quindi, che il docente di potenziamento deve necessariamente essere salvaguardato come persona e come pubblico dipendente. Tuttavia nell’anno appena trascorso questa figura del docente di potenziamento è stata sfruttata per supplenze per la sostituzione di docenti assenti, oppure per compiere mansioni che non rientravano nel suo profilo professionale. Si spera che questa figura di “potenziatore” vada inserita nell’ottica di una risorsa aggiuntiva per la scuola.
Mario Bocola
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