Home Attualità Il docente democratico, baluardo contro il totalitarismo

Il docente democratico, baluardo contro il totalitarismo

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Abbiamo già visto su questa testata quali risposte si possono dare alle obiezioni di quegli studenti che pongono l’ideologia nazifascista sullo stesso piano di ogni altro pensiero politico e filosofico. Spesso gli insegnanti si sentono chiedere (anche dopo aver spiegato la storia del fascismo a scuola) per quale motivo il nazifascismo sia l’unica ideologia a non poter entrare come tale nel Parlamento italiano. Ma l’aspetto più triste è che anche molti docenti (specialmente giovani) hanno spesso le idee confuse in proposito, pur avendo affrontato esami universitari e pubblici concorsi. Dalla Resistenza sono ormai trascorsi 74 anni: tre generazioni. I testimoni diretti non esistono quasi più; e la voce di chi visse il fascismo e la guerra non risuona più nei cuori dei discendenti. Per questo la Scuola ha un ruolo imprescindibile per ristabilire la verità storica, l’unica che possa impedire pericolose confusioni e rischiosissimi tentennamenti nella capacità di giudizio critico. Guai ad abbassare la guardia.

Morto il fascismo?

Il fascismo non morì affatto il 25 aprile 1945. Perse solo il potere. Nei decenni seguenti le sigle neofasciste si moltiplicarono. Noti sono i nessi tra alcune di esse e la strategia della tensione degli anni ’60-’70-‘80. Oggi il tristo proselitismo delle bande nere fiorisce negli stadi e tra gli studenti medi, grazie alla facilità dei propri messaggi contraddittori, pronti a rispondere alle domande di una società italiana smemorata e timorosa della crisi, del diverso, dell’immigrato.

Il romanzo nero continua, come sappiamo, anche nelle stanze del Potere. Il 26 aprile 2014 Silvio Berlusconi ha dichiarato: «Per i Tedeschi i lager non sono mai esistiti». Parola del miliardario (s)pregiudicato che ha sdoganato il “postfascista” Movimento Sociale Italiano nel 1994 (portandolo al Governo per un ventennio sotto altro nome). Un personaggio simile osa attaccare la Germania accusandola di nazismo. Quella Germania che ha saputo (a differenza dell’Italia) fare i conti col proprio passato e disinfestare il proprio apparato statale da chiunque si fosse macchiato di compromissioni col regime hitleriano. Quella Germania in cui un saluto “romano” viene subito punito (come ogni atto razzista) e i cui cittadini sono istruiti fin da piccoli sugli orrori del Terzo Reich, onde non ripeterli. In Italia, invece, chi ammira il fascio fa carriera.

Che cosa significa, oggi, resistere

Di fronte a tutto ciò è necessario resistere. Resistere oggi non significa solamente opporsi ai nemici espliciti della democrazia, ma anche a chi, lentamente, sta trasformando le democrazie occidentali (quella italiana in particolare) in qualcosa che della democrazia ha solo l’apparenza. Infatti, democrazia non può solamente esser sinonimo di periodiche chiamate alle elezioni. La democrazia deve basarsi non solo sulla libertà, ma anche sull’uguaglianza: perché l’una non esiste senza l’altra. Esser liberi non può significare soltanto potersi esprimere liberamente. Siamo liberi se siamo informati in modo corretto, se abbiamo la possibilità di acquisire gli strumenti culturali per informarci e per pensare, indipendentemente dalle nostre condizioni di partenza (sociali, economiche, etniche, di genere). Siamo liberi se la comunità cui apparteniamo, sin dalla nostra nascita, ci mette a disposizione gli strumenti per conservare la nostra salute e per istruirci. Solo in tali condizioni siamo pienamente liberi e abbiamo gli stessi diritti: eguaglianza e libertà vanno di pari passo. Se siamo eguali, siamo liberi. Se siamo liberi, siamo eguali. E solo se siamo liberi ed uguali, la nostra società è giusta.

Resistere per esistere

Resistere oggi significa quindi lottare contro quel neoliberismo economico e sociale che, nel nome della libertà d’iniziativa (di imprese, banche, multinazionali, straricchi!), sta smantellando da 20 anni lo Stato Sociale, conquistato a caro prezzo anche grazie al sacrificio di quanti si sono battuti contro il nazifascismo. Perché il neoliberismo è, in fondo, un’ideologia che applica in economia il principio nazista della legge del più forte. Privatizzare Scuola e Sanità significa trasformarle in aziende a fini di lucro; significa sottrarle al benessere collettivo; significa distruggerle. Persino il Liceo Classico vogliono annientare, i Signori che ci (s)governano! Trovano “inutile” una Scuola che insegni a pensare liberamente! Il neoliberismo demolisce tutto ciò che lo Stato democratico ha costruito dopo la Seconda Guerra Mondiale, tutte le conquiste civili del Novecento, coronamento di progressi e lotte secolari. Ed ecco che, come ingannevole rimedio a questa devastazione, si ripropone lo spettro del nazifascismo. La cosiddetta “autonomia differenziata”, se passerà, distruggerà de facto persino l’unità nazionale e l’uguaglianza dei cittadini in tutto il territorio nazionale: nulla di sacro esiste per il neoliberismo, tranne il dio Denaro.

Svegliare gli inconsapevoli

Resistere oggi significa non lasciarsi abbattere dallo sconforto quando ci si accorge che la maggior parte delle persone non comprende quanto sta avvenendo globalmente alla società, all’economia, all’ambiente. Troppi non si rendono conto di esser quotidianamente manipolati nelle proprie scelte, nei propri stili di vita, nella propria visione del mondo. Troppi non si accorgono di esser governati non dalle persone migliori, ma da quelle che uniscono in sé l’astuzia della volpe, l’avidità del lupo, la ferocia della tigre; insomma, dai peggiori. Le persone intelligenti, colte, sensibili sono messe all’angolo, zittite, spesso costrette a emigrare.

Per quelli che «Basta con l’antifascismo»

Respingere il fascismo, pertanto, oggi, non significa solo respingere quella ideologia lì, condannata alla sconfitta il 25 aprile 1945. Significa lottare fattivamente contro ogni totalitarismo, di destra o di sinistra che sia. Anche contro il totalitarismo del pensiero unico, dell’omologazione massificante, dell’ingiustizia cronicizzata, digerita, istituzionalizzata. L’arma più forte, contro tutto ciò, è la Scuola. E i docenti devono ritrovare la consapevolezza del proprio ruolo, in questa guerra nonviolenta contro la barbarie, smascherando e respingendo ogni tentativo di marginalizzarli e sottometterli.