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Il docente di sostegno non specializzato crea un “danno irreparabile” al disabile: il Tribunale boccia il Ministero e lo sprona a specializzare i precari

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March 22, 2025

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In Italia un terzo dei posti di sostegno complessivi sono da anni affidati a supplenti non specializzati e adesso un giudice ritiene che questa condizione verso gli alunni con disabilità comporti un trattamento discriminatorio “in grado di determinare un danno irreparabile nel percorso formativo”: la posizione è stata presa dal Tribunale di Roma, chiamato ad esprimersi sul comportamento del ministero dell’Istruzione e del Merito che ha assegnato ad una alunna con disabilità un insegnante non specializzato.

La sentenza

La First, Federazione italiana rete sostegno e tutela, ha spiegato che alla bambina, frequentante la scuola primaria, erano state assegnate non solo meno ore di sostegno (18 ore su 22 richieste nel Pei, il Piano educativo personalizzato) ma le ore venivano svolte da due insegnanti di cui solo una, per 13 ore, aveva il titolo di specializzazione, mentre l’altra, per 5 ore, non ne aveva.

A seguito della sentenza del Tribunale capitolino, adesso Ministero e Ufficio scolastico dovranno assegnare un docente specializzato all’alunna vincitrice del ricorso per tutte le ore indicate nel Pei.

Sarebbe anche bene, conclude la First, che il ministero dell’Istruzione e del Merito “ponga in essere tutti gli atti necessari affinchè si stabilisca il principio che nessun docente privo di specializzazione possa sostituire un docente“.

Un obiettivo di difficile realizzazione

L’auspicio della Federazione italiana rete sostegno e tutela è tuttavia assai lontano dalla realtà, composta da oramai quasi 350 mila alunni con disabilità certificata e oltre 200 mila cattedre di sostegno: la maggior parte delle oltre 100 mila supplenze annuali, tra l’altro in continuo crescendo, sono infatti assegnate a personale non specializzato. Tanto che da ormai da una decina di mesi il ministro Giuseppe Valditara ha deciso di avviare dei corsi specializzanti, destinati a circa 80 mila precari, affidandoli all’Indire. E “sfilando” la responsabilità di organizzare i corsi in didattica speciale non più alle Università, che nel corso degli anni hanno palesato tempi troppo lunghi e quantità di corsisti limitate.

Tutti d’accordo per una volta? Niente affatto. Perchè la decisione del Mim ha comportato la vibrante protesta degli specializzati con Tfa, che lamentano una disparità formativa notevole tra le due modalità di formazione, con i corsi Indire che sarebbero troppo impostati su lezioni di tipo on line.

Tuttavia, dei corsi di specializzazione Indire, riservati a chi ha svolto almeno tre annualità di supplenze e agli specializzati all’estero in attesa di validazione del titolo (previa assicurazione di rinuncia a qualsiasi tipo di rivalse nei confronti dell’amministrazione), si sono perse le tracce (sembra che manchi ancora la convocazione dell’Osservatorio nazionale per l’inclusione, da poco ricostituito). E anche le possibilità che le lezioni e gli esami finali possano concludersi in tempo utile per portare in cattedra gli specializzati con l’avvio del prossimo anno scolastico.

Come dire: la sentenza del giudice del Tribunale di Roma appare impeccabile da un punto di vista concettuale e in merito ai diritti degli alunni portatori di disabilità; da un punto di vista invece realistico le cose purtroppo stanno molto diversamente e difficilmente potranno cambiare.