A volte gli insegnanti, presi da uno scatto di rabbia o “posseduti” dalla stanchezza, offendono gli studenti con parole del tipo “sei deficiente” o “stupido”. Questi i casi segnalati dalla magistratura.
Fino a poco tempo casi come questi venivano associati al reato di ingiuria, che permetteva ai genitori, in casi realmente plateali e sufficientemente gravi, di denunciare l’insegnante.
Tuttavia, con la depenalizzazione del reato, i genitori possono soltanto chiedere un risarcimento danni in una causa civile, come scrive La Legge per tutti, che riporta anche una sentenza recente che evidenzia come l’offesa dell’insegnante all’alunno non è più reato e i genitori del ragazzo, che non ritengano sufficiente il “reclamo” al Preside dell’Istituto scolastico, non possono più rivolgersi a Carabinieri o polizia.
Anche se per la diffamazione non è cambiato nulla, (in realtà la statistica delle denunce non raccoglie casi significativi nel mondo della scuola), l’ingiuria non ha più una valenza penale, ma solo civile e prevede delle sanzioni che vanno da 200 a 12mila euro.
Tuttavia, la procedura non sarà semplice e immediata, dato che, perché il giudice (quello civile e non più quello penale) pronunci tale condanna è necessario che la vittima si rivolga a un avvocato, si legge ancora su La Legge per Tutti, che l’avvocato notifichi al responsabile un atto di citazione per risarcimento del danno e che venga portato a termine un regolare processo civile: la classica causa, cioè, ove è necessario presentare mezzi di prova come – in questo caso ancor di più – i testimoni. Testimoni che certamente possono essere i compagni che hanno sentito l’offesa dell’insegnante all’alunno e potranno confermare, in sede di udienza, i fatti accaduti.
Possiamo sintetizzare quindi, che le offese del docente gli alunni, verificatesi sempre in loro presenza, non costituiscono più un reato, quindi non implicano la possibilità di avviare un processo penale con una normale querela a carico dell’insegnante.
L’unica strada che si può intraprendere è quella di chiedere il risarcimento del danno in una causa civile, al termine del quale il giudice dovrà aggiungere anche la sanzione pecuniaria.
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