Abilitarsi all’estero non è una scorciatoia se in 5 anni sono stati bloccati i percorsi abilitanti. In Romania studi, formazione didattica e metodologica, oltre alle spese dei docenti italiani, sono andati in fumo.
Non sono ammessi errori in buona fede. L’ufficio 8 del Miur ha riconosciuto nel 2015 le abilitazioni in Romania a due italiani in possesso dello stesso decreto che oggi non viene riconosciuto a oltre 4 mila insegnanti italiani
Dopo due anni dalla conclusione dei percorsi di abilitazione in Romania (molti dei docenti hanno terminato nel Marzo 2017) il MIUR non ha ancora emesso i decreti di riconoscimento delle abilitazione. Per di più negli ultimi mesi la direzione dell’UFFICIO VIII sta provvedendo ingiustamente a inviare agli interessati lettere di preavviso di rigetto con richieste di integrazione documentale a dir poco infondate.
A questo si aggiunge che la Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione del Ministero della Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha riconosciuto l’abilitazione all’insegnamento conseguita in Romania a 2 docenti italiani pur in assenza della specifica dizione di conformità alla Direttiva 2005/36/CE del titolo abilitante conseguito in Romania, per cui la richiesta della Direzione Generale di un “certificato Adeverinta” nel quale viene esplicitamente richiamata la Direttiva comunitaria, gli insegnamenti consentiti e la fascia di età” costituisce palese disparità di trattamento.
Nel 2015 l’UFFICIO VIII del MIUR ha riconosciuto a due professori precari italiani l’abilitazione in Romania, poi a fine legislatura ha proceduto a bloccare le pratiche di riconoscimento a 4 mila professori precari che avevano seguito lo stesso percorso abilitativo in Romania. Occorre evidenziare come il riconoscimento della qualifica professionale di docente nel caso di specie riguardi una formazione professionale mista, come contemplata dalla direttiva comunitaria 2005/36.
In altre parole una formazione che si compone di due segmenti: una formazione accademica (laurea) ed una formazione psicopedagogica (TFA) conseguita in due diversi paesi UE.
La materia del contendere tra il Ministero Italiano e il Ministro rumeno è la tipologia di certificato attestante la qualifica professionale. Infatti il MIUR pretenderebbe che i cittadini italiani esibissero l’attestato che il Ministero dell’istruzione di Bucarest rilascia solo a coloro che hanno fatto l’intero percorso di studi in Romania. In altre parole il Ministero Italiano vorrebbe che l’omologo Ministero rumeno certificasse “un ciclo di studi post-secondario della durata di almeno 4 anni presso un’università”: in altri termini, la laurea!
Si tratta di una pretesa assurda, perché il Ministero rumeno dovrebbe rilasciare agli italiani laureati in Italia che hanno conseguito il TFA in Romania lo stesso attestato di coloro che hanno effettuato l’intero percorso di formazione (laurea+TFA) in Romania? Giustamente la Romania rilascia un’attestazione concernente la certificazione riguardante le competenze per la professione di docente, maturate attraverso il completamento con successo di un programma accreditato di formazione psicopedagogica di Primo Livello e Secondo Livello.
Siamo docenti laureati di terza fascia con 3, 5 e persino 10 anni di insegnamento alle spalle. umiliate migliaia di famiglie italiane soprattutto di Campania, Calabria, Sicilia e Basilicata
Denunciamo quanto sta accadendo a noi docenti precari italiani abilitati in Romania, un Paese dell’Unione Europea, un paese sovrano come l’Italia, dove la cultura e la formazione dei docenti è un fiore all’occhiello. Noi insegnanti precari italiani – reduci da anni e anni di insegnamento nelle Terze Fasce di Istituto e in vana attesa dal 2014 della indizione di un Tirocinio Formativo attivo o di un PAS abilitanti – abbiamo legittimamente virato sul percorso di abilitazione all’estero, nella nostra UE, in ossequio al principio della libera circolazione dei saperi e delle professioni. Ci siamo formati all’estero, seguito corsi in loco, sostenuto esami di lingua romena e superato esami di pedagogia, psicologia, metodologia didattica, docimologia. E oggi il MIUR che fa? Ci blocca, ci ignora, ci sta depennando come se fossimo degli illegali.
In Lombardia centinaia di posti accantonati che spettano a docenti abilitati in Romania in attesa di riconoscimento: su queste cattedre nominati altri supplenti che l’anno prossimo abbandoneranno gli alunni. E’ un danno alla continuità didattica degli studenti.
Oltre al danno per i 4 mila docenti italiani abilitati in Romania, arriva anche la beffa per il sistema didattico. In regioni come la Lombardia, ad esempio, numerose cattedre dell’ultimo concorso 2018 sono ad oggi “accantonate” perché assegnate a un docente abilitato in Romania ma in attesa di riconoscimento. Ragion per cui queste cattedre sono a tutt’oggi scoperte e vacanti, oltre ad essere assegnate ad un supplente che probabilmente l’anno prossimo non seguirà più e saluterà la sua classe. Tutto questo arreca un danno alla continuità didattica.
I docenti italiani abilitati in Romania
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