Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’articolo del professore Mario Salisci, docente di Sociologia dei Processi Culturali, Università Lumsa, Roma.
In Italia la scuola è interpretata più sulla base di luoghi comuni e false credenze che sulla realtà dei fatti. In questo articolo vorrei sfatare qualche falso mito e fare un po’ di chiarezza su come funziona il sistema scolastico nel nostro paese e quali soluzioni adottare per migliorarne la qualità.
Come tutti sanno, in Italia esiste la scuola pubblica. Nell’immaginario comune questa sarebbe la scuola statale e sempre nell’immaginazione di chi poco conosce i temi dell’istruzione e della sua architettura istituzionale, questa scuola sarebbe anche gratuita.
Primo mito da sfatare: la scuola pubblica sarebbe solo quella statale. Non è così, la scuola pubblica in Italia è composta dall’insieme delle scuole statali e delle scuole paritarie, che concorrono alla strutturazione del sistema pubblico di istruzione, sulla base della Legge 62 del 2000, voluta dal Ministro dell’Istruzione Berlinguer in un governo di sinistra.
Secondo mito da sfatare: l’istruzione in Italia sarebbe gratuita. Non è così perché l’istruzione in Italia non è gratuita e la scuola statale ha dei costi elevatissimi di funzionamento e di gestione. Per avere un’idea dei costi della scuola statale, basti pensare che uno studente della scuola Media Superiore di Secondo grado costa allo Stato dai 7 ai 9 mila euro l’anno. Ciò vuole dire che una classe di scuola superiore può arrivare a costare ogni anno a tutti noi anche 250.000 euro. Si, avete letto bene: 250.000 euro …
Terzo mito da sfatare: l’istruzione in Italia è finanziata poco. In realtà le cose non stanno esattamente così. Rispetto ad altri paesi dove il sistema pubblico è integrato tra soggetti privati e statali, la scuola statale italiana è finanziata moltissimo: in linea generale, la scuola è il comparto che costa di più allo Stato dopo la sanità, con una spesa annua di circa 57 miliardi di euro e il Miur, Ministero della Pubblica Istruzione, è uno degli enti pubblici con più dipendenti al mondo, con quasi un milione di lavoratori!
A fronte di questi dati, ci sono diversi indicatori che mostrano l’inefficienza e l’inefficacia del sistema statale di istruzione. I dati Ocse-Pisa mostrano per il nostro paese un’alta dispersione scolastica e risultati di rendimento mediamente scarsi. Molto interessanti sono anche i dati disaggregati che riguardano il nostro paese: nelle regioni dove la pluralità dell’offerta pubblica di istruzione (scuole statali e paritarie) è una realtà (come Lombardia e Veneto) anche gli indicatori sono migliori e si collocano a livello europeo. Al contrario, dove il sistema dell’istruzione pubblico è monopolizzato dalla scuola di Stato i risultati sono invece inferiori e generalmente scarsi (come ad esempio in Campania e Calabria). Da notare che sia Lombardia che Veneto concorrono al finanziamento delle scuole paritarie con quella che è generalmente chiamata la dote scuola (un contributo, ancora insufficiente, di mediazione delle rette scolastiche). Un altro indicatore interessante è dato dalla scuola primaria, l’unica realmente sostenuta dallo Stato in Italia, ancorché in maniera insufficiente rispetto al servizio pubblico svolto: le scuole paritarie primarie ospitano il 30% dell’utenza complessiva e integrano e compongono insieme alle scuole statali una delle migliori offerte formative del mondo.
A fronte di questi dati, un punto di riflessione è d’obbligo: il sistema delle Scuole Paritarie Italiane, a fronte di un servizio pubblico per un milione di studenti (con un risparmio per lo Stato di una cifra tra i 6 e i 7 miliardi di euro), riceve 400 milioni di euro di finanziamento. Questo genera diversi tipi di problemi, da quello più evidente che è di ordine economico al diverso trattamento ricevuto dai docenti, penalizzati rispetto agli statali. Tuttavia, quello che qui preme sottolineare è un altro aspetto, poco e per nulla preso in considerazione: qual è l’effetto di una mancanza di libertà di scelta educativa in un moderno paese Occidentale? E ancora: perché un cittadino italiano non può scegliere liberamente la propria scuola pubblica (statale o paritaria) senza dover essere discriminato economicamente?
Una situazione simile si è già verificata con la sanità: da qualche tempo sono state convenzionate al sistema sanitario nazionale alcune cliniche private che hanno contribuito a migliorare il servizio generale all’utenza e a mediare sui costi per lo Stato. Uno degli esempi migliori è dato dalla regione Lombardia dove l’integrazione tra statale e privato nel sistema pubblico è un dato di fatto che rende la sanità lombarda tra le migliori d’Europa. Per arrivare a risultati simili anche per l’istruzione (vero anello debole del sistema italiano) si potrebbero valutare diverse soluzioni. Una diretta e già applicata in altri comparti è il costo standard dell’istruzione, un indicatore che permetterebbe di sostenere tutto il sistema dell’istruzione contribuendo al miglioramento della qualità, della pluralità dell’offerta e al rispetto del diritto di scelta di tutti i cittadini, non solo dei più ricchi. In merito si rimanda allo studio “Il diritto di apprendere. Nuove linee di investimento” Ed. Giappichelli 2015 e alle numerose pubblicazioni scientifiche sul “costo standard di sostenibilità” di sr Anna Monia Alfieri.
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