Immaginare, pensare e creare un futuro migliore mediante la scuola e lo studio, è stato uno degli esercizi più interessanti, ma anche più difficili per l’uomo.
Ieri più di oggi, singoli individui hanno immaginato percorsi scolastici attorno ai quali costruire progetti concreti di miglioramento economico, sociale e culturale.
Purtroppo, attualmente, nonostante la pluralità di potenti strumenti educativi in grado di catturare l’interesse dei ragazzi, rendere l’apprendimento piacevole e gratificante e accrescere il loro sviluppo apprenditivo, nella scuola italiana l’inappetenza culturale e la dispersione scolastica continuano inesorabilmente a crescere.
La scuola dell’apprendimento diffuso che si è sviluppato e ampliato seguendo sempre più le richieste della società, è confusa, in disordine, non è in grado di far gustare il sapore della cultura, di ri-costruire nuove mappe per la vita, per ridefinire e progettare l’esistenza sul piano personale, culturale e lavorativo.
Ogni successo o insuccesso educativo è, infatti, determinato da fattori di ordine materiale, culturale e sociale che, in passato, hanno notevolmente condizionato negativamente la vita di molti giovani costretti ad abbandonare gli studi per andare a lavorare nei campi o nelle botteghe artigiane.
Su questa strada si incamminavano coloro che avevano respinto la scuola e che la scuola aveva respinto.
Sfiancati dalla fatica di conciliare studio e lavoro, sconfitti, vittime di disuguaglianze sociali, lontani dalla ferrea disciplina degli studi, amaramente si arrendevano e dicevano addio ai libri sin da giovanissimi.
È il caso dei tre pensionati di Gioia del Colle di 86, 78, 69 anni che, dopo una vita trascorsa nei campi, ma con lo studio sempre nel cuore, seduti davanti allo schermo per l’esame in video-conferenza a causa delle norme anti Coronavirus, hanno finalmente coronato il sogno della Terza media.
Tutto ciò evidenzia il contrasto tra la scuola selettiva d’un tempo, da sempre desiderata e negata ai poveri e una scuola moderna inclusiva, poco desiderata, non condivisa e a malincuore accettata da giovani nella cui mente, come in un gioco, s’affollano, si rincorrono e si sovrappongono immagini che continuano ad erodere l’impegno, il profitto e finiscono con l’impoverire la percezione di sé, l’immagine stessa della scuola e dell’educazione e possono condurre alla perdita di importanti punti di riferimento.
L’abbandono scolastico rimane sempre un segno di resa, un segnale drammatico che, inesorabilmente, può determinare la cancellazione del futuro di intere generazioni.
Tuttavia, nonostante la scuola stia cercando con i pochi mezzi a disposizione di aggiornare i suoi criteri pedagogici, di aumentare le sue capacità di accoglienza e la sua sensibilità culturale e sociale, i giovani non riescono ancora a vedere nella scuola e nell’educazione un’importante azione di discernimento, di osservazione e valutazione che orienta e conferisce spessore e dignità alla propria esistenza.
Una cultura, una scuola e un’educazione che fanno fatica a colmare la frattura tra innovazione e tradizione, provocano una caduta di memoria che priva la persona di quelle radici che rappresentano, sempre e comunque, un’esperienza fondamentale per l’azione formativa e per portare a compimento precipui obiettivi educativi, culturali e sociali.
La scarsa attrattiva che la scuola esercita su troppi giovani accresce le disuguaglianze sociali e riduce le possibilità di dare a tutti le uguali opportunità che una democrazia ha il dovere di cercare e trovare.
La sfida, allora, è essenzialmente e sostanzialmente educativa.
La scuola, in pratica, per ritornare ad essere percepita dai giovani come agenzia culturale, come centro delle aspettative umane e sociali, deve essere liberata dalla sottocultura delle chimere e dei miraggi, dai contenuti illusori e ipnotici, per guardare in profondità e trovare nelle proprie radici la forza e la direzione per costruire il futuro.
L’indeterminatezza che allarga i suoi spazi all’interno di molte iniziative educative, sicuramente, non aiuta a comprendere e a far comprendere l’alto valore di una scuola che, prima di tutto, deve essere presa sul serio.
Fernando Mazzeo