Il fascino di Facebook sui giovani può essere davvero pericoloso
Il consiglio lanciato più volte dal Garante della privacy sull’eccesso di disinvoltura con cui negli ultimi tempi soprattutto i giovani utenti di internet inseriscono dati personali, opinioni e altro sui Social network si sta rivelando del tutto fondato. Basta dire che in Gran Bretagna, a seguito di accertamenti, due ventenni sono stati condannati a quattro anni di reclusione per istigazione ai disordini attraverso i social network. I loro inviti aggressivi e anticonformisti sono stati prima annunciati alcune settimane fa su Facebook e poi si sono materializzati con le manifestazioni degenerate in violenza, spesso gratuita, che ha imperversato nel Paese la settimana scorsa. Jordan Blackshaw, 20 anni, aveva creato un evento su Facebook intitolato “Distruggere la città di Northwich” (nordovest dell’Inghilterra). Secondo il procuratore Martin McRobb, la pagina era stata creata il 9 agosto. Il secondo imputato, Perry Sutcliffe-Keenan, 22 anni, avevano fomentato una sommossa nel suo quartiere a Warrington (nordovest dell’Inghilterra), aprendo un’apposita pagina Facebook. I due giovani ragazzi hanno “utilizzato Facebook per organizzare e orchestrare gravi disordini nel momento in cui tali incidenti si verificavano in altre regioni del Paese”, ha dichiarato il procuratore di fronte al tribunale di Chester, nel nordovest dell’Inghilterra. La polizia ha agito “rapidamente per chiudere questi siti e assicurarsi che nessuno partecipasse a questi eventi progettati. Tuttavia, questi messaggi hanno provocato notevole panico e una sensazione di rivolta nell’ambito dei quartieri”, ha affermato. La Gran Bretagna è stata scossa la settimana scorsa dalle peggiore violenze urbane degli ultimi trent’anni nel Paese. Centinaia di depositi sono stati attaccati e saccheggiati, molti edifici incendiati, e cinque persone uccise nel corso di queste rivolte. Ed un’incidenza, tutt’altro che marginale, come appurato dai giudici, su quanto avvenuto l’hanno avuto i messaggi violenti ‘postati’ sulla rete.
La Gran Bretagna, del resto, è una di quelle nazioni dove anche i numeri indicavano che il problema va affrontato con fermezza: in occasione di un convegno, svolto all’’Università Cattolica di Milano, Mauro Paissan, componente del Garante della privacy, aveva citato un sondaggio dell’Autorità per la privacy inglese mettendo in evidenza che “nel Regno Unito sarebbero quattro milioni e mezzo i ragazzi tra i 14 e i 21 anni che rischiano di subire ripercussioni negative sul proprio futuro lavorativo determinate dalle tracce lasciate in Internet. E che il 71 % dei ragazzi non vorrebbe mai che un’Università o un eventuale datore di lavoro cercasse informazioni in rete su di loro senza che loro stessi abbiano potuto prima cancellare i contenuti immessi nei Social network”. Forse solo si sta comprendendo con esattezza i perché di tante premure.