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Il figlio alla scuola privata? Un bene di lusso

Nemmeno il tempo di godersi lo scampato pericolo del taglio ai finanziamenti statali che per le scuole paritarie arriva un’altra tegola: stavolta a causarla è l’Agenzia delle entrate con la circolare 13/E del 9 aprile inserisce gli istituti privati tra i “beni di lusso”. Nelle intenzioni dell’Agenzia c’è evidentemente l’esigenza di scovare i non pochi cittadini che dichiarano poco o nulla al fisco pur mantenendo un regime di vita decisamente alto. E tra le opzioni di una famiglia benestante figura spesso quella di iscrivere i figli ad un istituto privato.
E in Italia quando si parla di scuola privata ci si riferisce quasi sempre a gestioni di tipo cattolico: stavolta però non è la Conferenza episcopale italiana a lamentarsi (anche se non è da escludere che lo faccia in occasione di un convegno sull’insegnamento della religione cattolica in programma a Roma il 23 aprile che avrà come relatori illustri il cardinal Angelo Bagnasco e il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini), ma lo fanno le associazioni di ogni grado di scuole paritarie cattoliche.
Il loro è un attacco diretto, senza giri di parole, all’Agenzia delle entrate: rea di voler “mettere sullo stesso piano servizi per il tempo libero e servizi educativi – scrivono in un comunicato congiunto Agesc, Fidae, Agidae, Cnos-Fap, Ciofs-Scuola, Fism, Foe-Cdo, Aninsei, Msc – puntando il dito contro le famiglie che mandano i figli nelle scuole cosiddette private. E’ necessario che venga chiarito a quali scuole si riferisce la circolare dell’Agenzia quando parla di ‘scuole private’, termine che non ha riferimenti legislativi. Ci si augura che queste indicazioni non intendano segnalare le scuole paritarie che, secondo la legge 62/2000, fanno parte del sistema nazionale pubblico di istruzione”.
Ma il testo realizzato dall’Agenzia non sembrerebbe lasciare scampo a troppi dubbi: annovera infatti le scuole private all’interno di una lunga lista di beni non certo primari, dove figurano “porti turistici, circoli esclusivi, wellness center, tour operator, e così via”.
In attesa di avere conferma di quanto sembra comunque già evidente nella Circolare, le associazioni mettono le mani avanti ricordando che tra i “diritti garantiti dalla Costituzione” figura anche “la libertà di educazione e di scelta scolastica delle famiglie”. Ancor di più “in un momento così grave di crisi morale ed economica – continuano – in cui le famiglie stanno cercando di sopperire ad uno Stato inadempiente circa il riconoscimento della libertà di educazione, garantita invece in tutti i Paesi europei. Il messaggio può essere interpretato in senso minaccioso: se scegli una scuola diversa dalla statale hai dei redditi nascosti e perciò devi essere controllato. Al contrario – prosegue il duro comunicato – occorrono segnali positivi ed equi che rimettano in moto non solo l’economia ma ancora di più la speranza: per questo bisogna favorire le famiglie, la loro libertà di educazione, una pluralità di offerta formativa e scolastica”.
Il posizionamento delle scuole cattoliche tra i beni “di lusso” giunge all’indomani del via libera della Conferenza Stato-Regioni, risalente allo scorso 8 aprile, al decreto interministeriale che permetterà alle scuole paritarie di ricevere 120 milioni di euro rispetto ai 130 inizialmente assegnati. Operazione che ha mandato su tutte le furie alcuni sindacati, in particolare la Flc-Cgil.
 
Alessandro Giuliani

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