Marah Rocco ha deciso di non aspettare che un’altra tragedia, simile a quella di Joel Morales (un dodicenne che l’anno scorso si è impiccato, perché non sopportava più le angherie dei bulli) si ripetesse e si è rivolta ai giudici.
Sua figlia Caitlin ha 16 anni e frequenta la Scholars Academy di Rockaway Beach, a New York. Ogni giorno era oggetto di abusi: “Pensavo che non avrei mai avuto amici, non avrei mai vissuto una vita felice. Avevo perso la voglia stessa di vivere, a causa di questo tormento”. Non si trattava solo di pressione psicologica, ma di una situazione pericolosa nella pratica: “Un giorno una ragazza mi spinse sulla carreggiata dell’autobus, e poi disse: Mi dispiace che in quel momento non passava, perché così tu saresti morta, e io sarei stata felice”.
Caitlin era diventata così depressa da tentare il suicidio, e per fermarla l’avevano ricoverata in ospedale. A quel punto la madre ha deciso che bisognava fare qualcosa, per evitare un’altra tragedia: “Ho fatto causa ai bulli, e ai loro genitori. Io credo che i padri e le madri abbiano la responsabilità di allevare dei figli che capiscono l’esistenza di differenze tra le persone, e sanno che l’uso del bullismo non è mai accettabile, in alcuna situazione”.
Secondo Marah e Caitlin Rocco i genitori devono educare meglio i loro figli, e impegnarsi per evitare che diventino dei bulli. La minaccia di portarli in tribunale, o la condanna, servono proprio a spingerli ad impegnarsi di più su questo fronte: «Servono azioni immediate e aggressive, per prevenire altri suicidi provocati dal bullismo. Non possiamo permettere che altri giovani muoiano».