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Il futuro è digitale, ma da scuola e università poche competenze: i neo assunti formati dalle aziende

Gli studenti italiani stanno colmando progressivamente il loro gap sulle competenze digitali, anche se sono ancora molte le posizioni che rimangono scoperte sul mercato del lavoro. Evidentemente, da scuola e università sono ancora poche le competenze trasmesse. Motivo per cui le aziende sono costrette nella maggior parte dei casi a formare autonomamente i neo assunti per stare al passo con i tempi.

Anche l’alternanza scuola-lavoro, incentivata dalla riforma Renzi-Giannini, ad oggi non ha ancora prodotto risultati concreti, anche perché la sua entrata a regime deve ancora avvenire. E le scuole virtuose, in questo contesto, sono ancora dei casi residui.

In un anno scolastico che tra pochi giorni riprenderà il suo cammino dopo la pausa natalizia, diventa quindi importante tracciare una linea sulla materia.

La ricerca

Da una ricerca realizzata da University2Business, società del gruppo Dgital360 chiamata “il futuro è oggi” in collaborazione con Enel Foundation, sulle capacità digitali e la sensibilità imprenditoriale degli studenti universitari italiani emergerebbe infatti che pur nei progressi evidenti degli ultimi anni della scuola 2.0, di fatto il mondo del lavoro richiede una serie di figure professionali ad oggi non coperte per mancanza di adeguati skill digitali.

La ricerca, ha coinvolto un campione di 2.161 studenti ed ha analizzato l’offerta formativa sul tema delle principali Università italiane, indagando il punto di vista di 251 HR manager delle principali imprese del Paese su competenze digitali e mindset imprenditoriale dei talenti del futuro.

Innovazione tecnologia, per 7 studenti su 10 è un’illustre sconosciuta

In particolare come riporta CorCom dallo studio emerge nello specifico che soltanto il 30% degli studenti conosce la definizione corretta di strumenti dell’innovazione digitale applicati al business, come ad esempio “mobile advertising”, “cloud”, “fatturazione elettronica” o “big data”, mentre ben il 60% non ha mai sentito nominare neanche termini ormai di uso comune come “blockchain, “Internet of Things o “Industria 4.0”.

A livello universitario invece uno studente su cinque ha un’esperienza concreta nella gestione di progetti digitali: circa il 38% ha già venduto online, il 26,9% gestisce una sua pagina Facebook, appena l’11,4% ha un canale YouTube e il 9,8% un proprio sito o blog.

Passi in avanti per lo sviluppo software

Passi avanti evidenti risultano presenti nelle competenze per lo sviluppo di software: 4 studenti su 10 comprendono l’importanza di questi skill, mentre il 16% è in grado di sviluppare programmi informatici, contro il 10% di due anni fa, e il 29% sta imparando a farlo, contro il 20% del 2015.

Fatica a farsi strada, ancora, purtroppo aggiungiamo noi, l’idea delle tecnologie come strumenti ed opportunità per sviluppare nuovi modelli di business innovativi e discontinui rispetto al passato.

La situazione universitaria

Relativamente al mondo degli insegnanti, sono 2.140 quelli delle università italiane con contenuti formativi su temi digitali e imprenditoriali: i corsi “digitali” sono particolarmente diffusi nelle facoltà informatiche e scarsi in quelle scientifiche, mentre i corsi “imprenditoriali” sono ben presenti nelle facoltà economiche ma rari in quelle scientifiche e informatiche.

Il ritardo dei giovani nelle competenze digitali, se pure come detto in progressivo miglioramento, rischia di avere un forte impatto sul loro ingresso nel mercato del lavoro”. Eppure, “più di due imprese su tre considerano le competenze imprenditoriali e digitali requisiti molto importanti per assumere, e il 76% fatica a trovare laureati adeguatamente preparati su questi skill.

La testimonianza dell’esperto

Il gap di competenze digitali degli studenti universitari si sta riducendo – ha commentato a CorCom Andrea Rangone, Ceo di Digital360 -: Negli ultimi due anni, è raddoppiata la percentuale di coloro che hanno sviluppato progetti digitali concreti e possiedono un’elevata conoscenza teorica, passata dal 6% al 12%, mentre è calata sensibilmente la quota di coloro senza competenze teoriche e concrete, passata dal 67% al 54%.

Gli atenei – conclude Rangone – stanno aggiornando la loro offerta formativa, ma anche le imprese, che scontano difficoltà nel reclutamento di profili adeguati, devono fare la loro parte, aumentando gli investimenti in piani di formazione che mettano al centro competenze digitali e imprenditoriali”.

Dino Galuppi

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