Il G7 Istruzione ha ufficialmente dichiarato guerra alla dispersione scolastica, perché l’abbandono precoce dei banchi di scuola è tipico di diversi Paesi, non solo dell’Italia dove si attesta sul 13% con punte di oltre il 30% in alcuni territori del Sud: i ministri dell’Istruzione sono giunti alla conclusione che combattere il mancato approdo al titolo di studio medio va considerato “un obiettivo principale di tutti i governi“. Si tratta di un passaggio chiave presente in tutti i 22 punti della unanime dichiarazione finale, dopo due giorni di lavori a porte chiuse in Friuli Venezia Giulia.
Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara ha tenuto una conferenza stampa al termine dei lavori; poco dopo è stata diffusa la Dichiarazione finale che ha come obiettivo condiviso quello di “riportare i ragazzi a scuola” lottando in modo più energico “contro il drop out, la dispersione scolastica”, che “si è accentuata dopo il Covid”.
Nel documento finale emesso dal G7 Istruzione, ha detto Valditara, si spiega anche che “le condizioni economiche e sociali di una persona influenzano in modo significativo il successo scolastico e la carriera professionale”: premesso ciò, si ricorda che “i tassi elevati di abbandono scolastico precoce” sono diffusi soprattutto “tra gli studenti più svantaggiati“.
Invece, il compito dell’Istruzione rimane quello di creare “le condizioni per la vera indipendenza della persona, facilitandone sviluppo e piena realizzazione”.
In Italia, ha continuato il nostro Ministro, un esempio di possibile presenza di dispersione è tra quei “50mila giovani che da oltre sei mesi sono chiusi in casa, non escono e sono attaccati ai social“: si chiama hikikomori, “fenomeno che sta drammaticamente contagiando anche l’Italia”, è l’allarme di Valditara. Il cui principio (suo come dei Paesi partecipanti), più volte ribadito, è inclusione perché “nessuno rimanga indietro”.
La via per uscire dal tunnel dell’abbandono scolastico, comunque, già c’è: è quella, sottolinea Valditara, della “personalizzazione della formazione, dell’educazione” per “dare un futuro a tutti i giovani” e “un percorso scolastico in linea con i tanti talenti“.
Questo significa “garantire anche un percorso di formazione tecnico-professionale di grande qualità, in collegamento con il mondo del lavoro, dell’impresa”. In questo si inquadrano gli Its, gli Istituti tecnici superiori i cui diplomati per il 95% trovano subito lavoro.
Quello della personalizzazione dei percorsi, a ben vedere, è anche uno degli obiettivi chiave contenuti nelle nuove linee guida italiane per l’orientamento (approvate con il D.M. 328/2022 sottoscritto dal ministro dell’Istruzione e del Merito) che hanno trovato una forte spinta attraverso i cospicui finanziamenti del PNRR.
Come ben riassunto dal nostro esperto Aluisi Tosolini, le novità previste dalle linee guida si possono riassumere in otto punti:
Rispetto alla road map disegnata nel dicembre 2022, tuttavia, gli obiettivi centrati in Italia risultano davvero modesti e non certo mirati alla riduzione degli abbandoni scolastici.
L’E-Portfolio, ad esempio, considerato un passaggio cruciale per i percorsi personalizzati degli studenti, è stato reso loro disponibile solo pochissime settimane prima della fine del corrente anno scolastico.
Anche la discussione dei maturandi del cosiddetto “Capolavoro” è stata rimandata al prossimo anno scolastico.
I docenti tutor, invece, si sono limitati, nella maggior parte dei casi, ad assistere gli studenti nell’indicare qualche appuntamento utile al post-diploma, nel dispensare consigli per la compilazione in extremis dello stesso E-Portfolio e soprattutto nel riempire un foglio Excel dove archiviare le attività svolte di orientamento, senza entrare più di tanto nel merito dei singoli percorsi studenteschi.
La verità è che per combattere la dispersione scolastica, per abbattere l’attuale 13,5% di dispersione nazionale, non si può fare a meno dei docenti tutor, deputati a seguire passo passo il percorso di una-due classi (massimo 50 allievi): sulla “carta” dovrebbero essere impegnati anche su questo fronte (oltre che quello del mero orientamento in uscita); in realtà, nella maggior parte delle scuole superiori, né i tutor né nessuna altra figura scolastica (forse i mentoring?), hanno realizzato un’analisi dettagliata e un supporto pratico agli studenti più “difficili” e a rischio abbandono scolastico. E non si comprende ancora perché le scuole medie, in particolare le terze classi, dove sono concentrati più ragazzi a rischio, risultino escluse ancora dal progetto.
Sarebbe bene, quindi, che in vista del prossimo anno si faccia tesoro dei tanti limiti emersi quest’anno e si arrivi ad una lotta serrata contro la dispersione scolastica. Le risorse umane ci sono, almeno per un biennio pure quelle finanziare: l’occasione per avvicinarsi al 10% di abbandoni, imposto più volte dall’Ocse, è troppo ghiotta per lasciarsela scappare.
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