Gli attentati di Parigi dello scorso 13 novembre hanno minato sicurezze e abitudini di parte della società occidentale e si tratta di un fenomeno che dovrà essere affrontato per diverso tempo, ma sono soprattutto i più giovani trovarsi confusi davanti a gesti così violenti e alle implicazioni che sono in gioco. Anche in Italia, ci si è posti il problema sul confronto con i ragazzi.
A tal proposito il Vincenzo Spadafora ha presentato sul sito dell’Authority quattro diversi esempi a seconda dell’età degli interlocutori:
– Ai bambini che hanno meno di 5 anni bisogna far sentire la nostra presenza fisica. È fondamentale farli parlare, ascoltarli attentamente. Un consiglio? Invitarli a disegnare la loro paura. Ma che sia un disegno a quattro mani. Se il bambino disegna cose cupe, noi aggiungiamo cose belle sul foglio, ad esempio fiori che nascono dalla paura, oppure strette di mano. Usare molto, insomma, l’aspetto visivo, come cura alla paura.
– Ai bambini che vanno alla scuola elementare (dai 6 agli 11 anni), bisogna dire innanzitutto che non è in corso una guerra, bensì sono pochissimi uomini che, spinti dall’odio, agiscono contro gli altri, e che questo è un movente per cui tutti i buoni del mondo si stanno unendo tra di loro per combatterli, e prima o poi li metteranno a tacere. Considerato che a scuola possono avere compagni islamici, bisogna ricordare che i bambini devono restare tutti amici tra di loro, e coinvolgerli, tramite gli insegnanti, in qualche cerimonia per celebrare l’amicizia, ad esempio uno scambio di merendine. L’importante, per combattere la paura, è parlare.
– Agli studenti delle scuole medie bisogna dare spiegazioni. È molto importante usare la carta geografica per far vedere ai ragazzini come questi gruppi partano da lontano, in questa Siria occupata, e spiegare che poche persone malintenzionate possono giungere da noi e la polizia sta facendo molto per difenderci. Se i ragazzini chiedono come è possibile che certe persone, nate e cresciute qua, diventino terroriste, bisogna spiegare che sì, sono tra di noi, ma che si sentono estranee, provano un disagio profondo, e che l’unico modo per superarlo è stabilire scambi di conoscenza: solo conoscendosi bene, non ci si sente più nemici.
– Infine gli adulti, l’importante è non chiudersi in casa, andare fuori, dare testimonianza di fiducia e di speranza: non dimentichiamo che i bambini e i ragazzi sono in sintonia con le nostre emozioni. Lavorando su noi stessi, tranquillizzandoci, aiutiamo indirettamente anche loro.
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