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Il Garante per l’infanzia: inasprire il sistema penale contro la criminalità minorile non serve

Mentre Matteo Salvini, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, su Facebook scrive: “Chi spara e stupra, anche se minorenne, deve pagare. Conto che in Consiglio dei ministri arrivino i provvedimenti su baby gang e delinquenza minorile, con l’aumento di controlli e sanzioni, oltre al coinvolgimento dei genitori. Perché chi spara, stupra e uccide, anche se minorenne, deve pagare”, l’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, interviene per ribadire alcuni principi cardine: “La criminalità minorile rappresenta un problema serio che va affrontato in modo deciso e con strumenti adeguati, ma quando parliamo di minorenni che commettono un reato occorre sempre partire da alcuni punti fermi, che a mio parere sono irrinunciabili”. 

Secondo la Garante, “da un lato si deve prevenire la commissione dei reati, dall’altro vanno valorizzati, quali finalità principali del sistema, il recupero del minorenne e l’attenzione alla vittima”. 

“Il primo punto fermo – dice Garlatti– è che abbassare l’età imputabile non serve. Già oggi il minorenne che ha meno di 14 anni e commette reato può essere convocato davanti a un giudice. Inoltre, ove ne ricorrano le condizioni, può essere destinatario di interventi di sostegno che includano anche la sua famiglia. Nei casi più gravi anche il minore di 14 anni può essere destinatario di misure di sicurezza basate sulla sua pericolosità sociale. Le misure di sicurezza possono essere eseguite nella forma del collocamento in comunità, della permanenza in casa o di prescrizioni specifiche da parte del magistrato, che ad esempio possono consistere anche nel divieto di frequentare alcuni luoghi. Tra l’altro, nei paesi nei quali l’età imputabile è più bassa non mi risulta che le cose vadano meglio”.

La nota dell’Autorità Garante è stata inoltrata, si legge sul Redattore Sociale, alla presidenza del  Consiglio, in attesa del Consiglio dei Ministri che dovrebbe varare provvedimenti specifici per il contrasto alla criminalità minorile. 

Nelle bozze del provvedimento si parla di Daspo urbano e avviso orale del questore anche per i minorenni che abbiano compiuto 14 anni, divieto di usare cellulari e altre piattaforme informatiche per i minorenni autori di reato, multe fino a mille euro per i genitori i cui figli siano stati ammoniti dal questore e fino a due anni di carcere, sempre per il genitore, se il proprio figlio non va a scuola violando l’obbligo scolastico. Si parla anche i lavori socialmente utili per i minori in ottica di reinserimento.

E proprio, riferendosi a queste misure, Carla Garlatti scrive: “Occorre pensare a sanzioni penali su misura per i minorenni, diverse da quelle degli adulti e parametrate alla gravità del fatto come, per esempio, l’obbligo di svolgere servizi per la collettività. Ancora, nell’ottica del recupero e del reinserimento del minorenne, oltre che del contrasto alla recidiva, va valorizzata la giustizia riparativa, che offre strumenti che consentono all’autore del reato di comprendere la gravità delle proprie azioni, anche in relazione alla sofferenza di una vittima che finalmente non è più sola e trova supporto”. 

“Infine – conclude l’Autorità garante – mi preme sottolineare che a proposito di criminalità minorile non si può avere soltanto un approccio di tipo repressivo: il ragazzo che sbaglia va certamente punito, ma questo non basta. È necessario in primo luogo investire nella prevenzione, rafforzando gli interventi educativi – in particolare nelle zone a maggior criticità – valorizzando il lavoro di rete tra scuole, autorità giudiziaria e servizi del territorio, creando percorsi di presa in carico che supportino l’intero nucleo familiare. Questo sempre che il contesto familiare non risulti dannoso per lo sviluppo e il futuro del ragazzo: infatti è chiaro che quando l’ambiente è permeato da una cultura dell’illegalità, come avviene nelle famiglie che appartengono alla criminalità organizzata, l’unico modo per sottrarlo a un destino già segnato e per mostrargli che può esistere un altro tipo di vita, è quello di è allontanarlo. Si tratta di un intervento già sperimentato dal progetto ‘Liberi di scegliere’ e che potrebbe essere replicato anche in altre realtà”. 

Pasquale Almirante

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