Due casi portano nuovamente alla ribalta il tema dell’ideologia gender, che contrappone i fautori dell’esistenza di tale ideologia e quelli che non ne riconoscono l’esistenza ma la considerano solo un viatico per le discriminazioni.
Il primo caso viene da Vicenza e riguarda lo spettacolo teatrale Fa’afafine in programma il prossimo sette marzo per le scuole della città, che ha portato, come riporta Il Fatto Quotidiano, oltre 78mila persone capitanate dall’assessore all’istruzione della Regione, Elena Donazzan (Forza Italia), a firmare una petizione online su CitizenGo per chiedere alla ministra Valeria Fedeli “di impedire che gli istituti aderiscano ad un’iniziativa chiaramente ostile al sano sviluppo psicoaffettivo dei ragazzi; ennesima infiltrazione dell’ideologia gender nelle nostre scuole”.
“Il gender non esiste, replica il regista dello spettacolo Giuliano Scarpinato, è una specie di sostantivo neutro che non corrisponde ad alcun fenomeno fisico, psichico o sociale. Gender significa genere. Il mio è uno spettacolo in cui si narra la vita di tre persone ed in particolare quella di un ragazzino che non corrisponde al sistema binario maschio o femmina cui siamo abituati ma appartiene al variegato spettro delle identità di genere”.
Scarpinato risponde per le rime ai detrattori, specie a Donazzan: “quello che dice la Donazzan è mistificatorio. Non c’è nulla che possa turbare la psiche o la coscienza, è uno spettacolo poetico, ironico, dolcissimo che parla di amore ed accettazione dell’altro per quello che è”.
“Politici come la Donazzan, continua il regista, fanno gravissimi errori di espressione non basati su informazioni scientifiche. Una cosa è il sesso biologico che è la base di partenza; un’altra cosa è l’identità di genere ovvero la rappresentazione che il maschio o la femmina fanno di se stessi; altra cosa ancora è l’orientamento sessuale. Nel mio spettacolo non si parla di sessualità ma di identità”.
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In Liguria, invece, a tenere banco è lo sportello anti – gender approvato lo scorso novembre dal consiglio regionale, uno sportello di ascolto per le famiglie, per difenderle da “quei fenomeni di indottrinamento ideologico, noti come ‘ideologia gender’”, come riporta il blogger de Il Fatto Quotidiano, Dario Accolla.
Le associazioni Lgbt si sono mosse immediatamente e hanno contrattaccato con una petizione online, raccogliendo fino ad ora più di dodici mila firme: “Abbiamo deciso di opporci a uno sportello che nasce da una esperienza già fallimentare, come quella della regione Lombardia” dichiara Simone Castagno, del coordinamento ligure. Accostare problemi gravi quali bullismo, violenza di genere, dipendenze, a teorie antiscientifiche è una manipolazione per nascondere omofobia e discriminazione“.
Lo sportello, infatti, ha dato il via ad una caccia alle streghe, in questo caso a prof che strizzano l’occhio all’ideologia gender, ma anche vigilare su altri servizi.
La protesta delle associazioni è stata accolta anche dall’insegnante Lisa Dell’Utri, che, come riporta ancora il blogger de Il Fatto Quotidiano, afferma:“La scuola è luogo dell’inclusione, in cui tutti devono poter esprimere la loro personalità. Lo sportello anti- gender invece si occupa di segnalare quegli insegnanti che perseguono una fantomatica ideologia. Un’assurdità, il ‘gender’ non esiste. Includere le differenze non corrisponde, come qualcuno teme, alla ‘promozione dell’omosessualità‘.
L’insegnante mette in rapporto anche la problematica delle minoranze che, anche se con difficoltà, vengono tutelate e gli studenti Lgbt: “nel primo caso i ragazzi che appartengono a una comunità di minoranza ritornando a casa vengono protetti e accolti da quella stessa. Per gli studenti Lgbt non è la stessa cosa, perché possono non avere un adeguato supporto in famiglia e per questo motivo hanno bisogno di nominarsi a scuola come tali”.
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