Commette un reato, oltraggio a pubblico ufficiale, il genitore che insulta un insegnante mentre è a colloquio sull’andamento scolastico del figlio: lo dice la legge. E il giudice non può che applicare la norma. Accade anche a Parma, dove il Tribunale ha condannato per oltraggio a pubblico ufficiale il padre di un allievo che ha insultato una insegnante.
La sentenza di condanna riguarda un genitore che ha offeso una delle docenti del figlio iscritto al Convitto Nazionale Maria Luigia del capoluogo emiliano: le parole, sconfinate negli insulti, sono state pronunciate nell’androne della scuola.
“Tanti non si rendono per nulla conto che quando si relazionano con gli insegnanti dei loro figli hanno a che fare con pubblici ufficiali che nell’esercizio delle loro funzioni sono dotati di poteri ‘autoritativi’“, ha scritto la Gilda degli insegnanti di Parma e Piacenza.
Il giudice ha risposto favorevolmente alle richieste dell’accusa e “la sentenza segna una positiva inversione di tendenza rispetto al recente passato: più volte a Parma c’era stata un interpretazione ‘più larga’ e erroneamente casi analoghi non erano stati ritenuti un oltraggio a pubblico ufficiale”, ha ancora commentato il sindacato dei docenti.
Salvatore Pizzo, coordinatore della Gilda degli Insegnanti di Parma e Piacenza che è anche Rsu dell’istituto Maria Luigia, così commenta l’accaduto Parmatoday: “Purtroppo, a causa degli scrupoli di riservatezza della collega interessata abbiamo saputo del risvolto giudiziario a procedimento iniziato e non è stato tecnicamente possibile costituirci parte civile, altrimenti lo avremmo fatto”.
Nel 2021 il decreto sicurezza bis ha stabilito che i reati commessi verso i pubblici ufficiali, quindi anche verso gli insegnanti, vanno considerati a tutti gli effetti un reato proprio perché costituiscono “oltraggio a pubblico ufficiale”.
La norma – introdotta come risposta all’escalation di casi di violenza verso i docenti e la richiesta di una legge ad hoc – e contenuta nella conversione in legge con modificazioni, pubblicata in G.U. il 9 agosto 2021 del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica, prevede che “chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato”.
A pagina 186 della Gazzetta Ufficiale, serie Generale del 9 agosto: “Art. 341 -bis (oltraggio a pubblico ufficiale). – Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato”.
Ma cosa significa offendere “l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale”? Secondo gli articoli 339 e 336 del codice penale, si tratta di reati che corrispondono a “violenza o minaccia” oppure alla “resistenza a pubblico ufficiale”.
Come già scritto dalla Tecnica della Scuola, atti violenti contro i professori possono essere costituiti non solo da offese, percosse, lesioni e violenza privata, ma il reato scatta anche in caso di stalking, minaccia e diffamazione. Una circostanza, quest’ultima, che, secondo il Tribunale, si è verificata nel Convitto Nazionale Maria Luigia di Parma.
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