La Fisica ci insegna che un sistema complesso ha elevate possibilità di semplificarsi e decisamente poche di aumentare la sua complessità, pur potendolo fare. Utilizzando un termine gergale più specifico si può dire che la sua Entropia tende spontaneamente ad aumentare. La complessità per essere mantenuta richiede infatti livelli di energia elevati spesso non disponibili. Questo principio si concretizza sia nei sistemi fisici tipicamente intesi sia nei sistemi sociali. È probabilmente anche per questo che i regimi democratici spesso subiscono la deriva verso feroci forme di dittatura. Gestire le masse opprimendole è più facile e più vantaggioso che rispondere a tutte le innumerevoli esigenze e pretese da parte dei singoli per poter garantire loro giustizia e buone condizioni di vita. Vivere poi in un sistema sociale altamente complesso pieno di regole e tecnologia, di leggi e leggine dove tutto ed esattamente il suo contrario hanno pari probabilità di esistere diventa troppo impegnativo.
Ad un certo punto la semplificazione diventa cosa gradita a tutti. Si rifiutano i principi e l’etica, cose che prevedono un forte impegno per onorarle! Ognuno cerca di costruirsi un proprio piccolo o grande vantaggio, in tutti i modi possibili. La corsa al massacro è iniziata! Si rifiutano anche i propri diritti perché richiederli ed accettarli contribuisce a mantenere complesso il sistema che invece va semplificato. È un’esigenza! Una auto regimazione. In questo assurdo gioco può anche succedere che per garantire la propria sopravvivenza ci si renda disponibili a compiere azioni di “cannibalismo” nei confronti dei più deboli che non accettano, magari, il principio della “distruzione creatrice”. Quanto descritto rientra in un quadro evolutivo classico di tutte le società animali e umane. Nulla di nuovo sotto il sole. Quasi come una valvola di sfogo le società umane utilizzano il declino dei principi etici di giustizia, libertà espressiva, solidarietà, ecc. per resettare il sistema e ricominciare da zero.
Come la società nel suo complesso anche la Scuola, in quanto parte della società, manifesta il medesimo malessere. La rinuncia ai propri diritti professionali ed etici da parte degli insegnanti, la loro tendenza a sottomettersi rappresentano dei chiari e preoccupanti segnali di una preoccupante crisi di valori che fa temere il peggio. La sovrapposizione di etiche differenti in seno alla comunità docente è sempre esistita. Questo lo sappiamo. Ma prima esisteva almeno il confronto tra i differenti modi di interpretare e caratterizzare la realtà formativa che veniva costruita. Ma questa “funzione d’onda” dell’etica docente sembra oggi collassata verso una forma prevalente che è quella dell’etica disfattista del quieto vivere. Il richiamo delle cose giuste ed eque non si avverte più come prima. Anche quando ci rendiamo conto di avere l’opportunità, perché magari ci viene offerta da qualcuno, di cambiare le cose ci nascondiamo e non ci opponiamo, unendo le forze, per bloccare l’azione di coloro che vogliono annullare la nostra filosofia di vita. Ci preoccupiamo di perdere qualche piccola convenienza del momento e siamo disposti a rinunciare, in cambio, alla nostra libertà e alla nostra dignità.
È così che gradualmente gli insegnanti stanno perdendo quei diritti che le lotte sindacali del passato hanno loro garantito. Diritti che rimangono magari sanciti sulla carta ma non nella realtà quali, ad esempio, la libertà d’insegnamento e soprattutto quella valutativa. In differenti realtà scolastiche anche quella espressiva, collegiale o meno che sia. A tutto questo gli insegnanti, spesse volte, rispondono con l’inerzia e con l’assoggettarsi. Contenti loro, contenti tutti.
Giuseppe D’Angelo
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