Le associazioni degli studenti non intendono ridurre l’attenzione sugli incidenti ai giovani delle scuole superiori impegnati nelle esperienze obbligatorie di Pcto: riaccendere la protesta è stato l’incidente accaduto il 20 maggio, con protagonista un ragazzo di 17 anni impiegato in una carrozzeria a Merano: il giovane è rimasto gravemente ferito – assieme ad cliente di 36 anni, inizialmente scambiato per un operaio – a causa di un ritorno di fiamma. Il giovane fortunatamente sta meglio, ma tanto è bastato per fare tornare le proteste. Ancora di più perché non si erano mai sopite, dopo gli incidenti mortali ravvicinati, dello scorso inverno, di Giuseppe Lenoci, di Monte Urano, nel Fermano, e del friulano Lorenzo Parelli, entrambi frequentanti corsi di formazione professionale gestiti da Cfp e autorizzati dalle rispettive Regioni.
Il 23 maggio, l’Unione Degli Studenti ha scritto una lettera al ministro Patrizio Bianchi, che sulla formazione professionale ha più volte detto, anche in occasione del G20 dell’Istruzione Catania, di confidare tantissimo in questo tipo di crescita culturale e tecnica, anche per la sua forte capacità formativa delle fasce studentesche più a rischio dispersione.
“Durante l’ultimo anno abbiamo vissuto sulla nostra pelle sempre più ingiustizie. Lei e il resto del Governo continuate ogni giorno a rubare il futuro ad un’intera generazione”, si legge nella missiva dell’Uds rivolta al ministro.
Le accuse degli studenti sono pesanti: “Non ci volete far protestare (vedi direttiva Lamorgese), appena potete reprimete il dissenso (come quando a dicembre sono stati sospesi gli studenti a seguito delle occupazioni), in piazza siamo stati manganellati e feriti”.
E ancora: “Dopo averci chiuso il dialogo per più di quattro mesi, Lei ci ha convocati come se nulla fosse successo, facendo come al solito false promesse rispetto a possibili discussioni in merito al cambiamento del rapporto istruzione lavoro, che solo negli ultimi due mesi ha ucciso due nostri coetanei e un altro sta in queste ore lottando tra la vita e la morte”.
La conclusione, per gli studenti dell’associazione nazionale, è che le proteste continueranno: “L’anno scolastico si sta concludendo ma la nostra rabbia non cessa di crescere, così come la sua sporca ipocrisia, che prima dice di volere il dialogo e poi fa di tutto pur di non ascoltarci. Noi continueremo a mobilitarci, attendendo risposte concrete, Lei inizi per lo meno a vergognarsi”.
I giovani dell’Uds, quindi, pongono alcuni quesiti al titolare dell’Istruzione pubblica: “Quanti studenti dovranno ancora restare feriti? Quanti dovranno morire per capire che questo modello, unicamente volto al profitto, è malato?”.
“Noi – continuano ricordando gli Stati Generali della scuola dello scorso inverno – le proposte le abbiamo già fatte, abbiamo addirittura presentato il nostro manifesto in conferenza stampa alla camera poche settimane fa. Lei le nostre proposte le ha da tempo. Gli studenti devono potersi formare nelle aule, nei laboratori e anche sul territorio, ma con la garanzia di percorsi di formazione sui diritti dei lavoratori e di sicurezza sul lavoro, senza entrare nel processo produttivo e potendo avere la possibilità di confronto rispetto a come immaginare una società e un mondo differenti”.
Infine, ricordano che “la scuola è e deve essere lo strumento del cambiamento, un costante laboratorio di idee, a partire dalle quali costruire un’altra società e un altro sistema”, concludono dall’Uds.
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