In quest’anno particolare a causa dell’emergenza coronavirus si celebrerà il “giubileo della scuola”, con alunni tutti ammessi alla classe successiva.
Tutto ciò con la felicità di studenti e famiglie. Tuttavia occorre fare una riflessione sulla non ammissione e sui suoi risvolti.
La ripetenza dell’anno scolastico è sempre una sconfitta per l’alunno e per la scuola, ma a volte può avere dei risvolti positivi tali da far capire che il prossimo anno deve studiare e impegnarsi di più.
Bocciare non è una cosa bella, ma i docenti devono saper ben distinguere la valenza della ripetenza cioè se far ripetere l’anno ad un alunno possa servire a farlo maturare e irrobustire la sua preparazione oppure non serve a nulla in quanto non apporta segnali positivi.
Spesso i ragazzi quando vengono bocciati si scoraggiano, entrano nella fase dello sconforto, della rabbia, della convinzione di non potercela fare e così possono arrivare a compiere gesti inconsulti. La bocciatura per l’alunno consapevole di non aver studiato deve, invece, essere da sprone, da incitamento, da rincorsa a fare meglio, a studiare con maggiore impegno, a riempirsi di orgoglio, di voglia di superare l’altro.
Bocciare, come dicevamo, è indicatore di sconfitta, di frustrazione, per l’alunno, la scuola e la società. Purtroppo i ragazzi devono capire che la scuola è per loro un’opportunità di crescita, devono capire che studiare è importante per la loro stessa vita non per la scuola.
Farsi bocciare è veramente brutto perché è come se gli alunni non accettassero le sfide della vita, le competizioni, non avessero più quell’orgoglio personale che li spinge, li incita a mettersi in gioco con i pari e dire “se io studiassi diventerei bravo come il mio compagno”.
Invece, molti ragazzi, nonostante abbiano insegnanti che li spronano, li appassionano, non voglio saperne dello studio, ma devono essere in grado di comprendere che, senza la scuola e l’istruzione, oggi si fa molta fatica a trovare lavoro e a fare carriera.
Mario Bocola
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