Da 20 mesi l’Italia è sotto la cappa del virus. Ebbene, cosa si è fatto per salvaguardarne la Scuola?
Dicembre 2019. La pandemia di CoViD-19 stava per iniziare, ma i problemi della Scuola italiana erano gli stessi da un ventennio: classi troppo numerose; carenza di personale in rapporto al numero degli alunni frequentanti; docenti obbligati a sforzi sovrumani per individualizzare la didattica; finanziamenti sempre più scarsi; crescita degli adempimenti burocratici per i docenti.
Gennaio 2020. Scoppiata la terribile pandemia, i problemi della Scuola restano i medesimi: classi troppo numerose (pericolose ora anche dal punto di vista sanitario, vista la contagiosità del virus), carenza di personale, trasporti scarsi e affollati (e dunque pericolosi per la salute collettiva).
I due governi (Conte e Draghi) che si sono succeduti hanno preso solo le seguenti contromisure: chiusura delle scuole per mesi; “DaD” (a spese di docenti e famiglie); consegna della “DaD” piattaforme di multinazionali estere che lucrano sui dati degli utenti (e il cui comportamento fiscale andrebbe monitorato con più attenzione); acquisto con fondi pubblici e distribuzione alle scuole di “device” elettronici, costruiti e venduti in Italia da altre multinazionali estere; conseguente trasformazione di didattica e organi collegiali in incontri virtuali via teleschermo (con buona pace dei rapporti umani e della didattica individualizzata); entusiasmo di Autorità e media mainstream — a reti unificate — per la “svolta tecnologica” della Scuola italiana; minuziosi regolamenti, suggerimenti, norme per “sanificare”, distanziare, prevenire il contagio, imporre mascherine, aprire porte e finestre (anche col gelo), scaglionare l’ingresso degli alunni, effettuare tamponi, tracciare le presenze; continue quarantene anche per chi fosse entrato in contatto non ravvicinato con persone vicine a portatori sani di CoViD; ulteriore burocratizzazione e gerarchizzazione del lavoro docente (lenita solo dall’intelligenza di pochi Dirigenti più lungimiranti); rinvio di almeno un anno per le elezioni delle RSU; rinvio sine die delle elezioni del CSPI; erogazione di 510 milioni di euro pubblici alle scuole che applicassero il “Piano Scuole Estate” (facendo entrare nella Scuola Pubblica anche enti privati); obbligo vaccinale de facto (col “Green Pass”) per tutto il personale, docente e non; sospensione per chi vaccinato non sia.
Settembre 2021: terzo anno scolastico dell’”era CoViD”. Quasi tutti gli Italiani sono vaccinati con due dosi di vaccino, se ne programma la terza, ma c’è una sorpresa: l’allarme è sempre lo stesso. Mascherine, isolamento, riunioni a distanza permangono, perché il vaccino ci difende, ma non del tutto. Problemi principali della Scuola: ancora classi troppo numerose, carenza di personale, trasporti carenti e troppo affollati!
Insomma, tra le decisioni prese mancano le uniche davvero risolutive: dimezzamento degli alunni per classe e raddoppio dei mezzi pubblici. Se in questo Paese — malgrado l’emergenza CoViD, le vittorie della Nazionale di calcio, le medaglie olimpiche e la fede degli Italiani nei TG unificati — è ancora lecito porre domande, allora vogliamo porne alcune alle Autorità e al sistema mediatico ufficiale.
Prima domanda: come mai non si pensa minimamente a spendere una parte davvero consistente dei 230 miliardi UE (“Recovery Fund”) — anziché gli spiccioli previsti e sbandierati — per realizzare un piano organico di assunzioni che dimezzi le classi (dato che basterebbero 7 miliardi per iniziare subito)? Il virus non è forse più pericoloso in aule affollate? Il Governo crede a quel che dice?
Non si pensa nemmeno a stanziare una somma decente (altri 7 miliardi almeno) per il contratto, onde dare agli insegnanti quel primo aumento di stipendio — appena decoroso — che dimostrerebbe la volontà d’invertire la rotta (e di investire sulla Scuola) dopo tre decenni di mance. Il Governo crede alle proprie continue dichiarazioni di fiducia e stima per i docenti?
Seconda domanda: sarà varato davvero il piano quinquennale da 13 miliardi (che creerebbe peraltro molti posti di lavoro) previsto dal PNRR per riportare norma gli edifici scolastici (usando altri 500 milioni — come in Germania — per sanificare l’aria nelle aule, invece di limitarsi a raccomandare l’apertura delle finestre anche d’inverno in montagna)? O ci dovremo come sempre accontentare di briciole? Il Governo ci tiene davvero alla Scuola e alla lotta alla pandemia?
Terza domanda: perché non sono stati utilizzati gli spazi in disuso di proprietà dello Stato e degli Enti Locali per aumentare il distanziamento? È stata semmai pervicacemente dimostrata la volontà di non intervenire seriamente neanche sui trasporti pubblici (se non scoraggiandone l’uso e chiudendo la metà degli accessi alle metropolitane urbane): non si è voluto realizzare un servizio dedicato agli alunni (come si è invece fatto in Germania). Non si pensa nemmeno a utilizzare i pullman di Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri, Guardia di Finanza per supplire alle carenze del trasporto pubblico locale.
Alla luce di tutto ciò, i due Governi che si sono succeduti da inizio pandemia ad oggi non sembrerebbero forse essere — contrariamente a quanto sono andati dichiarando per venti mesi — negazionisti?
Lo Stato italiano intende davvero lottare contro la pandemia? O l’importante è mantenere i cittadini terrorizzati e ubbidienti, colpevolizzando chi “non rispetta le regole” e non spendendo una lira bucata per dar senso concreto alle proprie dichiarazioni d’intenti?
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