“Spostare o accorpare alla domenica le festività civili e laiche ‘colpisce l’identità e la storia del nostro Paese, ne indebolisce la memoria e rappresenta un grave limite per il futuro’, producendo per altro un ‘irrisorio beneficio economico’”: sono le ragioni che hanno portato la Cgil ad avviare una petizione contro la norma, contenuta nella manovra economica, approvata a ridosso di Ferragosto dal Cdm , che al Il comma 24 indica che d’ora in poi il calendario delle festività civili (25 aprile, 1° maggio e 2 giugno) sarà regolato attraverso un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che potrà “spostare” le festività al venerdì precedente o al lunedì successivo oppure farle coincidere con la domenica. Con la petizione, che si può firmare sul sito www.cgil.it o direttamente presso le Camere del lavoro sul territorio, la segreteria nazionale della Cgil spiega che siamo di fronte ad “un provvedimento iniquo”: le ricorrenze civili, spiega il sindacato di corso d’Italia, “vanno celebrate con attenzione e rispetto, perché parlano a tutti, alla ragione stessa del nostro stare insieme, e perché i valori che esse affermano non siano ridotti ad un momento residuale”.
Nella petizione si sostiene, inoltre, che il 25 aprile, il 1° maggio e il 2 giugno, ovvero “il ricordo della Liberazione del nostro Paese da una dittatura feroce e sanguinaria; la celebrazione del Lavoro come strumento di dignità per milioni di donne e uomini che con la loro fatica ed intelligenza consentono al Paese di progredire; la celebrazione del passaggio alla Repubblica parlamentare”, sono “tappe fondamentali che non intendiamo consentire vengano cancellate”. Per altro, sottolinea ancora la segreteria CGIL, “mentre irrisorio è il beneficio economico che ne deriverebbe, i costi civili sul versante della memoria e dell’identità sarebbero, se la norma venisse confermata, di gran lunga maggiori. Inoltre, è sufficiente un confronto con altre situazione per vedere come l’Italia è un Paese che ha un numero contenuto di festività civili e come in altri Paesi le ricorrenze civili siano celebrate e custodite con attenzione”. Da queste considerazioni nasce per la CGIL la convinzione che “bisogna che ognuno di noi si faccia carico di dire la propria contrarietà a questa previsione e di farla dire al maggior numero di cittadini possibile”.
Per dare sostegno alla propria tesi, la Cgil ha infine messo a confronto le festività oggi in vigore in Italia con quelli di alcuni Paesi: nella nostra Penisola ci si ferma per 9 festività religiose (Santa Madre di Dio; Epifania; il Lunedì dell’Angelo; Assunzione; Tutti i Santi; Immacolata Concezione; Natale; Santo Stefano; il Santo Patrono) e 3 ricorrenze civili (Liberazione; Festa del Lavoro; Anniversario della Repubblica). In Francia sono previste 6 festività religiose e 5 civili (Giorno dell’anno; Festa del Lavoro; Festa della Vittoria; Presa della Bastiglia; Armistizio). In Spagna 9 festività religiose e 4 festività civili (Capodanno; Festa del Lavoro; Festa nazionale spagnola; Giorno della Costituzione spagnola). Negli Stati Uniti il quadro si inverte: 2 festività religiose e 10 festività civili (fra le quali, il compleanno di Lincoln; il compleanno di Martin Luther King; il Memorial Day; l’Independence Day; la Festa del Ringraziamento). Fino al caso del Giappone, dove non vi è traccia di festività religiose, ma si conteggiano ben 16 festività civili l’anno, fra le quali, la Festa della Fondazione dello Stato; la Festa della Costituzione; la Festa del popolo; la Festa della Cultura; la Festa del Lavoro; il compleanno dell’imperatore.
Il messaggio è quindi chiaro. E non solo da parte dei sindacati, visto che nei giorni scorsi si sono mosse nella stessa direzione anche diverse associazioni, con in testa quelle partigiane. Ora l’esame della norma passa al Parlamento. Che sancirà il futuro delle feste civili.
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