C’è una scuola a Roma incastonata tra la Salaria e il Grande Raccordo Anulare, dove quasi la metà dei bambini e delle bambine è di origine straniera, una scuola che sulle pareti ha dipinto opere d’arte, che produce bellezza e cultura, che è riferimento indiscutibile per un territorio a reddito basso e disagio alto.
In questa scuola, per l’anno scolastico 2021-2022, il terzo toccato dal Covid, sono stati aumentati gli alunni per classe.
I bimbi e le bimbe delle quattro prime elementari dello scorso anno confluiranno in tre seconde elementari con il risultato di classi molto più affollate, disorientamento di piccoli alunni che troveranno docenti e compagni diversi e scarsissima sicurezza. Suona particolarmente incredibile affollare le aule a fronte della pandemia. Bisogna osservare anche quest’anno il distanziamento di almeno 1 m tra alunni e 2 con la cattedra, abbiamo un nuovo protocollo per la sicurezza, si richiedono tamponi frequenti ma si affollano le aule. In questo caso aule che, a prescindere dal Covid, hanno una capienza inadeguata a presenze superiori a 21- 23 persone secondo il piano dei Vigili del Fuoco.
Lo Stato viola le sue regole. E lo fa proprio sulla sicurezza.
Mentre andava in scena un dibattito a tratti surreale sul green pass, alle scuole sono state tagliate le sezioni che vuol dire fare classi più numerose. Gli insegnanti continuano ad essere pochi, troppo pochi. Le classi continuano ad essere pollai, a volte più di prima. Non per un destino ineluttabile ma perché non si assumono gli insegnanti che servono. Una situazione lunare, così dissonante rispetto a ciò che si legge sui giornali che qualcuno lo reputerà incredibile. E invece è vero.
Questa è una denuncia ed è un tentativo di disvelare l’ipocrisia che massacra la scuola. E’ l’ennesima testimonianza di quanto sono profondi e antichi i suoi problemi, dell’impatto che hanno avuto i tagli di bilancio del passato che misuriamo adesso. Le manifestazioni degli studenti di dieci anni fa, snobbate o criminalizzate, preconizzavano proprio questo. A Fidene si paga il conto dei tagli del Governo Monti e dell’austerity.
E quella della sicurezza è davvero solo una parte, la più eclatante, del danno che sopprimere una classe produce alla scuola e alla collettività. I nostri sono tempi di paure, di ansia di protezione, di approcci difensivi in cui la tutela della sicurezza, naturalmente sacrosanta soprattutto a fronte della pandemia, sembra aver scalzato altre istanze fondative per il processo educativo. Le nomino, perché sono altrettanto importanti. Avere classi tanto numerose, dove un terzo dei bambini è di origine straniera e deve imparare la lingua, dove ci sono alunne/i con disabilità o con bisogni educativi speciali che hanno tempi ed esigenze peculiari, significa sottrarre strumenti al principale spazio di eguaglianza e democrazia che ci rimane: la scuola. Perché per quanto brava/o, generosa/o, creativa/o possa essere una/un docente non potrà mai garantire attenzione, cura e tenuta collettiva ad una classe di 28 bambini come ad una di 20.
Ma forse non dovremmo nemmeno aver bisogno di spiegare tutto questo davanti a uno Stato che viene meno a un dovere costituzionale, civile, etico (sì, scomodo l’etica) nei confronti delle sue cittadine dei suoi cittadini più piccoli. Io non ho alcun dubbio sull’opportunità del green pass e sul fatto che le docenti e i docenti debbano garantire sicurezza a se stessi e agli altri. Ma perfavore non prendiamoci in giro: il Green pass non può niente contro le classi pollaio. Per quelle ci vuole la politica.
Claudia Pratelli (Assessora alla scuola del Municipio III di Roma)