Una recente circolare dell’Assessore alla Pubblica Istruzione della Regione Sicilia, Fabio Granata, di Alleanza Nazionale, che prescrive l’adozione del grembiule scolastico per gli alunni delle scuole elementari, ha scatenato un inconsueto e acceso dibattito e riaperto il problema della divisa come simbolo di un’ideologia politica. Naturalmente anche questa volta l’Italia si è spaccata nel partito dei pro e in quello dei contrari.
Vivaci le opposizioni nel nome della mai tanto a sufficienza deprecata divisa fascista. La paura dei fantasmi emerge ancora una volta dall’immaginario collettivo
Altrettanto accese le difese di chi, legittimamente, condivide l’opinione dell’assessore siciliano fautore di un’idea di scuola che deve combattere le discriminazioni sociali ad iniziare dall’abbigliamento.
I più, tuttavia, ignorano che l’uso del grembiule risponde, fra l’altro, ad esigenze igieniche. Per quanto possa, infatti, essere garantita la migliore e sicura igiene, i locali, l’arredamento, le suppellettili, le attrezzature e quant’altro quotidianamente viene a contatto con gli alunni, per il solo fatto dell’uso comune, non saranno mai sicuri igienicamente.
Il grembiule, per il fatto di essere indossato solo durante la permanenza a scuola, consente ai bambini di proteggersi dai pericoli che insidiano la loro salute e che provengono dalla vita in comune.
Per la stessa ragione, in definitiva, adottano un loro camice i medici, gli infermieri, i commercianti, salumieri e macellai compresi.
Il grembiule, infine, sviluppa in chi l’indossa un senso di appartenenza ad una categoria, ad una classe o un gruppo sociale, che esige il rispetto di regole e di atteggiamenti comportamentali e di conseguenza permette ad ogni individuo di maturare una propria identità.
Non ha, perciò, senso rispolverare i fantasmi del fascismo. Se fosse reale questo pericolo dovremmo, intanto, iniziare a reclamare che ferrovieri, corpi di polizia, farmacisti e tante altre categorie, depongano una volta per sempre le loro… divise.