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Il grido dei precari a Montecitorio: la cultura non è un punto dello spread!

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“La cultura non è un punto dello spread”: è questo lo slogan scelto dai precari della scuola in occasione della manifestazione svolta il 16 luglio a Roma per dire no ai sacrifici richiesti dal Governo attraverso la spending review per razionalizzare le spese del comparto istruzione, per dire basta ai tagli al settore e per opporsi ai concorsi pubblici
Alcune centinaia di docenti, capitanati dalCoordinamento precari scuola’, hanno ricordato a gran voce che i diritti dei precari sono pari a quelli degli altri lavoratori. Sugli striscioni erano esposti diversi per messaggi per opporsi alle collocazione forzate e alle riconversioni sul sostegno dei soprannumerari, a quello che i precari hanno ribattezzato al “concorso-truffa”, riferendosi al ritorno alle selezioni dirette che priverebbero gli attuali supplenti inserite nelle graduatorie ad esaurimento di usufruire della metà dei posti vacanti.  Una decisione, quella di tornare al concorso, anche se aperto ai soli abilitati, che secondo il Cps corrisponde ad un vero e proprio “tradimento delle aspettative dei precari storici”: i precari, soprattutto gli “storici”, non se la sentono infatti di tornare ad essere esaminati dopo aver incamerato abilitazioni, specializzazioni, master, perfezionamenti e anni di servizio proficuo. Tra le scritte più in evidenza quella sulla “Scuola Pubblica Bene Comune’.
Durante la protesta si sono viste anche bandiere della Flc-Cgil: i rappresentanti del sindacato di Pantaleo hanno confermato che, stavolta assieme alla Uil, torneranno a scendere in piazza il 19 luglio, davanti a Palazzo Vidoni dalle 9,30 alle 13, per opporsi ancora ad una spending review che al comparto istruzione “sottrae 360 milioni di euro” e a quello universitario blocca il turn over e “regala” più tasse agli studenti.
Alla manifestazione dei precari si sono “affacciati” diversi rappresentanti politici. Secondo l’on. Pierfelice Zazzera (IdV), che è anche vicepresidente della Commissione Cultura della Camera, la spending review rappresenta “l’ennesimo scippo di risorse economiche alle scuole statali oltre che un nuovo capitolo di umiliazioni cui gli insegnanti precari, professionisti formati, qualificati e sfruttati, vengono sottoposti dal Governo Monti. Ancora una volta – ha continuato Zazzera – si calpesta il piano triennale delle assunzioni, si ledono i diritti dei diversamente abili con la riconversione frettolosa degli insegnanti in esubero per l’utilizzo nel sostegno, si deroga sulla qualità e sulla meritocrazia utilizzando gli insegnanti soprannumerari per materie per cui non hanno titolo e si aziendalizza la scuola con la legge Aprea sostenuta anche dal Partito democratico“.

Presenti anche esponenti extraparlamentari. Secondo Vito Meloni, responsabile nazionale scuola Prc-Se, quella dei precari è “un’iniziativa generosa e, allo stesso tempo, puntuale e tempestiva che richiama le forze politiche della sinistra e le forze sindacali alla responsabilità di costruire l’opposizione politica e sociale al governo delle banche”. Pieno assenso all’iniziativa anche da Umberto Guidoni, responsabile scuola, università e ricerca di Sel, secondo cui “con gli ulteriori tagli di oltre 500 milioni di euro alla scuola previsti dalla spending review e il licenziamento di 15.000 precari e Ata si assesta un altro duro attacco alla scuola statale e al diritto a una scuola pubblica di qualità. Colpisce che, mentre si tagliano con l’accetta i finanziamenti, si punti a tagliare anche i diritti acquisiti degli insegnanti precari che da anni sono in attesa della stabilizzazione. Invece di dinamizzare il mondo della scuola con concorsi falsamente meritocratici, sarebbe bene reperire risorse da investire in un piano pluriennale di immissioni in ruolo su tutti i posti vacanti e per una nuova politica di reclutamento che – ha concluso Guidoni – dia risposte certe al mondo del precariato della scuola”. Dell’impegno interministeriale (firmato il 4 agosto 2011) di assumere non oltre 22mila docenti e 7mila Ata, per il prossimo anno scolastico ed il successivo,  non vi sono però ancora conferme. E il malcontento cresce.