A dirlo è Orientagiovani, quest’anno giunta alla sua XXII edizione che cade in un periodo di grandi cambiamenti per la scuola italiana dopo la riforma de «La Buona Scuola».
In un contesto simile, scrive Il Sole 24 Ore, sensibile al tema del lavoro e dello studio e dell’alternanza, il tema dell’orientamento diventa ancora più importante perché finalmente tra le missioni della scuola rientra, per legge, anche quella di creare occupazione, sviluppo economico e coesione sociale.
Su questo siamo ancora molto indietro, sottolinea il giornale della Confindustria, rispetto all’Europa e dobbiamo recuperare velocemente: nei paesi dove i giovani hanno maggiori possibilità di incontrare il lavoro durante lo studio, i tassi di occupazione sono più alti, il fenomeno dei Neet è molto ridimensionato, le possibilità di carriera dei giovani sono il doppio che da noi.
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C’è poi una grande questione culturale: comprendere che l’impresa non è nemica della scuola. L’impresa non è soltanto profitto e produzione. È responsabilità sociale che si manifesta anche come responsabilità formativa.
Quello dei privati che entrano a scuola è un ritornello ideologico destinato a scomparire. Lo dimostra, ed è giusto sottolinearlo, il vasto e plurale consenso sull’alternanza scuola-lavoro obbligatoria che finalmente riconosce ai giovani italiani il diritto di imparare lavorando. I giovani sappiano che c’è un mondo fuori dalle aule che guarda loro con attenzione. Un mondo che li attende e chiede loro di essere protagonisti. Le imprese non vogliono invadere, ma lasciarsi invadere. Essere un punto di riferimento per l’orientamento degli studenti italiani.
I giovani hanno bisogno di una bussola. Non è un mistero che la scelta di “cosa fare da grandi”, specie dopo la scuola superiore, sia spesso affrontata senza nessuna informazione di contesto. Non è un problema di scelta tra università o Its. Il problema è scegliere tra percorsi aperti al lavoro – prima, durante e dopo il conseguimento del titolo – e percorsi che non lo sono.
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