L’educazione e la formazione sono requisiti indispensabili per approdare con successo nel lavoro e, in generale, per inserirsi nella società. E quindi anche per l’intera crescita del Paese in cui si vive. In Italia, però, c’è più di qualcosa che non va.
Le stime espresse da Eurostat dicono che Cgil, Cisl e Uil hanno i loro buoni motivi per avere organizzato il 22 maggio la manifestazione unitaria Reggio Calabria a difesa del lavoro e del Sud: tra le ultime cinque regioni in Europa per tasso di occupazione, ben quattro sono infatti nel Mezzogiorno d’Italia ma il gap rispetto all’Ue è ampio anche sull’educazione e la formazione dei giovani.
Si tratta di dati riferiti al 2018, ripresi dall’Ansa, relativi ad un’Italia divisa a metà con meno del 50% delle persone tra i 20 e i 64 anni che lavorano in Sicilia (il 44,1%) a fronte del 63% medio in Italia e il 74,4% in Emilia Romagna.
In Europa fa peggio di Sicilia, Campania (45,3%), Calabria (45,6%) e Puglia (49,4%) solo la regione oltremare francese della Mayotte (40,8%), isola vicina al Madagascar.
L’Italia – ricorda l’Ansa – pur avendo un tasso di occupazione complessivo medio maggiore di quello della Grecia (il 63% contro il 59,5%) ha un divario più ampio tra le singole regioni, con l’Emilia Romagna al 74,4% e la provincia di Bolzano al 79% mentre il Sud è in media al 48,7% e le Isole al 47,1%.
Il problema sarebbe ben chiaro anche ai politici: negli ultimi giorni, il vicepremier Luigi Di Maio ha detto che si potrebbe arrivare a dare il via libera all’autonomia differenziata solo a condizione che contestualmente si vari un “grande piano per il Sud” (un progetto che però convince poco).
Poi, dicevamo, c’è il problema della mancata formazione: al Sud, le persone che hanno al massimo il diploma di terza media sono il 32,7% di coloro che hanno tra i 30 e i 34 anni a fronte del 16,4% medio in Ue (36,2% nelle isole) mentre coloro che in questa fascia di età hanno una laurea sono appena il 21,3% (il 20,9% nelle Isole) contro il 40,7% medio in Ue.
In Italia è in media più alta la percentuale di abbandono scolastico (14,5% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni a fronte del 10,6% medio in Ue), soprattutto a causa dell’alto tasso registrato tra i ragazzi sardi (il 23%) e siciliani 22,1%).
La stessa alternanza scuola-lavoro, che dal 2005 i governi hanno cercato di potenziare e di incentivare (anche se dall’attuale esecutivo è stata dimezzata livello orario), al Meridione si svolge spesso con difficoltà, a causa quasi sempre del basso numero di aziende e industrie in grado di recepire giovani in formazione.
Le regioni meridionali si confermano poi al top per la percentuale di Neet, ovvero le persone che non lavorano ma non sono neanche in un percorso di studio o di formazione.
Se in Europa la percentuale dei giovani tra i 15 e i 34 anni Neet è al 14,1%, nel nostro Paese scende lentamente: oggi è al 24,8%, soprattutto a causa degli alti tassi nelle regioni del Sud (35,5%) e delle Isole (39%).
In Sicilia il fenomeno dei Neet è addirittura in crescita: è risalito al 41,8 dopo, due anni di calo superando anche la regione francese della Guyane scesa al 39,2%.
Il dato italiano è basso anche per altri motivi, oltre a quello della formazione che non decolla. Ad esempio, per la scarsa partecipazione al lavoro delle donne (fanno eccezione alcune professioni, come quella della scuola dell’infanzia, dove il sesso femminile è presente sul 99% degli organici).
Complessivamente, però, nel nostro Paese tra i 20 e i 64 anni lavora il 53,1% delle donne contro il 67,4% della media Ue (il 75,8% in Germania), ma anche all’interno del nostro Paese ci sono differenze enormi con l’Emilia Romagna con il 66,9% delle donne occupate (superiore alla media Ue) e la Sicilia con il 31,5%. In Campania sono occupate il 31,9% delle donne in età da lavoro (sempre senza considerare quelle tra i 15 e i 20 anni), in Calabria il 33,5% e in Puglia il 35,6%.
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