Il lavoro volontario e gratuito di migliaia di insegnanti fa funzionare la scuola italiana: compresenze regalate, ore in più per poter svolgere attività di recupero e laboratori.
E ci sono decine di migliaia di insegnanti del sud strozzati dal mercato immobiliare delle grandi città del nord Italia.
Il livello alto della scuola pubblica italiana non viene certo da chi spende per l’istruzione la quota più bassa fra tutti i paesi OCSE.
E ancora, in molti casi gli insegnanti supplenti vengono beffati, perdendo dopo pochi mesi la supplenza per effetto di nuove graduatorie, errori materiali e ricorsi; si interrompe così la continuità didattica per gli alunni, e questo vale anche per molte cattedre di sostegno.
Sono realtà che vanno superate, perché offendono la scuola pubblica, il luogo in cui si costruisce la coesione sociale e si rende concreto il principio di uguaglianza stabilito dalla Costituzione.
Aggiungo: la scuola ha in buona parte perduto il supporto che veniva garantito dai servizi neuropsichiatrici delle varie sanità pubbliche regionali. Con le visite, gli interventi degli specialisti e in modo particolare con le attività di logopedia si sostiene l’operato della scuola verso i bambini e i ragazzi che presentano delle difficoltà.
Sono servizi che vanno ripristinati nella loro interezza e ampliati.
Infine: si è ridotto l’intervento dei servizi sociali dei Comuni, che hanno molto contribuito a sostenere la scuola a fronte di problematiche familiari e condizioni di svantaggio sociale e culturale.
È una visione poco lungimirante quella di chi vede in tutto ciò soltanto dei costi. Si tratta in effetti di investimenti per il futuro, di riduzione della devianza sociale, di alimentare la società di nuove energie.