I lettori ci scrivono

Il limbo infernale della scuola italiana: un grande senso di frustrazione

Sabato 6 novembre è stata inviata alle scuole la nota tecnica con le nuove “Indicazioni per l’individuazione e la gestione dei contatti di casi di infezione da SARS-CoV-2 in ambito scolastico”.

“La nota è stata elaborata con il contributo dell’Istituto Superiore di Sanità, del Ministero della Salute, delle Regioni e del Ministero dell’Istruzione.

Le misure … favoriscono l’erogazione del servizio scolastico in presenza, supportano il dirigente scolastico nelle iniziative da assumere in presenza di casi positivi COVID–19 e permettono di rendere il più possibile omogenee, a livello nazionale, le misure di prevenzione da attuare a cura dei dipartimenti di prevenzione.”

A distanza di una settimana appare chiaramente evidente che si è trattato dell’ennesimo comunicato SPOT a danno della Scuola italiana e, soprattutto, delle persone più vulnerabili e fragili, i bambini. Di fatto si continuano ad adottare nelle ASL i vecchi protocolli, si continua ad andare in DAD in tutte le scuole, nel più grande caos di attuazione dei provvedimenti specifici. Pertanto non si è favorita la didattica in presenza, non si supportano i Dirgenti Scolastici e non esistono situazioni omogenee a nessun livello.

La ratio del nuovo documento è stata quella di favorire l’erogazione del servizio scolastico in presenza, ma tali misure sono apparse subito inattuabili in quanto si è trattato di una concertazione di intenti basata su ideali utopistici e non sulle reali risorse umane e materiali del nostro servizio sanitario. Non sarebbe stato più opportuno ed onesto da parte del MIUR inviare la nota alle scuole dopo che il servizio era stato sperimentato e reso attuabile?

Una ASL della regione Puglia, in data 12 novembre, ha comunicato alla Dirigente di un Istituto Comprensivo tarantino che “…la norma a cui si fa riferimento non è stata recepita a livello regionale…” In sintesi, si continuano ad applicare i vecchi protocolli e tutti, alunni e docenti, restano prigionieri in casa per almeno 10 giorni.

Tale scenario non può che creare confusione, sgomento e rabbia in tutti gli attori della vita scolastica.

·        Nel Dirigente perché non riesce ad assicurare il tanto agognato servizio scolastico in presenza e si trasforma in un burocrate che spende le proprie energie e risorse per segnalare la presenza di casi positvi, emanare circolari su avvii di quarantene e di Didattica a Distanza.

·        Nei docenti che entrano ogni giorno in classe temendo di non rivedere i propri alunni in presenza il giorno dopo perché sottoposti ad un ferreo regime di quarantena. I più “fortunati” hanno collezionato anche tre/quattro cicli di quarantena dall’inizio di quest’anno scolastico e, in questi brevi intervalli, tornano a scuola solo per pochi giorni prima di una successiva quarantena.

·        Negli alunni che, mai come ora, hanno bisogno di socialità e di contatto e che, invece, si ritrovano con i loro volti spenti davanti ad un PC nella solitudine (quando va bene per gli spazi) della loro camera.

Tutti siamo accomunati da questo grande senso di frustrazione: non siamo in grado di progettare nulla nella nostra vita perché potremmo essere interessati da un provvedimento di quarantena. E saltano i viaggi, le uscite didattiche, le feste di compleanno, persino le visite mediche!

Abbiamo vissuto l’inizio della pandemia, caratterizzata dal lockdown, nella paura e nell’angoscia di contagiarci. Dopo è arrivato lo spiraglio del vaccino che ci avrebbe fatto uscire dal tunnel. E con molti dubbi, timori e forte senso del dovere ci siamo vaccinati con il miraggio di una vita “normale”, illusi che in questo modo avremmo riconquistato la libertà perduta.

L’illusione è stata breve perché la meta si allontana ogni giorno sempre un po’ più in là. Ormai è noto ed evidente che ci si contagia anche tra vaccinati. Ora ci viene chiesta la terza dose, poi sarà la quarta e poi chissà. Ci hanno messi gli uni contro gli altri: vaccinati contro non vaccinati. È stato introdotto il green pass per discriminare le persone ed indurle, obtorto collo, a vaccinarsi per non perdere il posto di lavoro, in barba ad ogni diritto fondamentale di scelta e di responsabilità individuale.

E lo Stato come ci ripaga per tutti i sacrifici compiuti?

Noi docenti, a causa delle frequenti quarantene, continuiamo ad essere rinchiusi in casa accrescendo il nostro senso di frustrazione ed angoscia. Per non parlare dei problemi psichici in evidente aumento soprattutto nei più piccoli e fragili.

Dovremmo lavorare per vivere, ma oggi viviamo solo per lavorare. Dove sono finite la gioia di recarsi a scuola, l’allegria dei corridoi scolastici, la spensieratezza negli occhi dei bambini?

L’OMS ha definito salute uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale. Sembra che l’unico obiettivo per voi governanti (ed anche mancato ahimè) sia la salute fisica, mentre ci siamo dimenticati di quella mentale e sociale.

Mi rivolgo a voi che decidete sulle nostre teste e vi chiedo a gran voce: “Quo usque tandem abutere… patientia nostra?“

Anna Maria Fiore

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