La presidente dell’Invalsi, prof. Anna Maria Ajello, intervistata da Repubblica, ha difeso l’operato dell’istituto da lei diretto. Ha inoltre precisato che all’origine dei deludenti risultati rilevati dai test sono da collocare gli insegnanti: “La loro formazione è ancora lacunosa, spesso i docenti non conoscono il concetto di valutazione, ogni volta dobbiamo rispiegarlo”.
Stringente è l’analogia con la favola del lupo e dell’agnello, la cui morale è sintetizzata nella frase finale: “Indirizzo questo racconto alle persone che, con falsi pretesti, opprimono gli innocenti”.
Si assuma come assioma “i docenti non conoscono il concetto di valutazione”.
La valutazione è la fase finale di un processo che trova il suo significato nella specificazione degli obiettivi.
La legge 53/2003, costitutiva dell’Invalsi, esplicita il traguardo cui tende il sistema educativo: “È promosso l’apprendimento .. e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche”.
Tale disposizione di legge dovrebbe essere il modello dell’ambiente di lavoro del docente: così non è.
Il concetto “capacità” è stato cestinato, sovrascritto dalle “abilità”; eppure la norma chiarisce la strumentalità di queste ultime.
Le capacità si manifestano sotto forma di processi, sono la stella polare della progettazione educativa.
Da notare che il rapporto che lega le capacità alle abilità è simile sia a quello che intercorre tra rette e segmenti, sia a una visione dinamica contrapposta a quella statica.
Le competenze si collocano a livello generale e a livello specifico. Quelle generali riguardano i traguardi del sistema educativo, le competenze specifiche attengono ai singoli insegnamenti.
Il perseguimento delle competenze generali è il mandato affidato agli organismi collegiali, oltre ad essere l’oggetto dei test Invalsi che sondano la loro consistenza accertando le correlate conoscenze e abilità.
Quanti Collegi dei docenti della secondaria hanno “programmato l’azione educativa” per progettare percorsi d’apprendimento e che hanno “valutato periodicamente l’andamento complessivo dell’azione didattica”?
Quanti Consigli di Classe hanno operato “coordinando la didattica” al fine di far convergere gli insegnamenti ai traguardi elaborati dal Collegio?
L’indeterminatezza del traguardo impedisce l’esercizio del “controllo”!
La situazione diventa drammaticamente più confusa se si considera la legge 107/2015, la cosiddetta buona scuola.
Al paragrafo 7 sono elencati gli “obiettivi formativi ritenuti prioritari”, vale a dire i traguardi che l’Invalsi deve soppesare.
Eccone alcuni: valorizzazione della scuola come comunità attiva, apertura pomeridiana della scuola, riduzione del numero degli alunni per classe, valorizzazione dei percorsi formativi individualizzati, definizione di un sistema di orientamento …
La casistica esposta, anche se parziale, avvalora l’analogia con la favola di Fedro?
Enrico Maranzana
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